Considero il secondo albo degli
Hellwell un passo indietro lungo i tortuosi sentieri emotivi che conducono al soggiogamento dei sensi di chi ama il
metal, le storie
horrorose e le ambientazioni gotiche.
“
Beyond the boundaries of sin” in questo senso si era rivelato un eccellente debutto, e personalmente non ero stato per nulla infastidito dal fatto che la presenza dell’inconfondibile voce di
Mark Shelton e alcune scelte espressive avessero riportato alla memoria brandelli dei suoi Manilla Road, abilmente mescolati con intriganti suggestioni dei grandi interpreti dell’
hard-rock più caliginoso e tastieristico (Uriah Heep, Atomic Rooster, …), portati verosimilmente in dote dal misterioso titolare del
monicker E.C. Hellwell.
La decisione d’indurire i suoni e di affrancarli da uno dei grandi “mostri sacri” del
metallo epico statunitense rende “
Behind the demon's eyes” un prodotto forse maggiormente “peculiare” (si fa per dire …) e tuttavia induce a snaturare un approccio alla materia che era apparso in ogni caso assai coinvolgente e affascinante.
Si finisce, così, per apprezzare maggiormente i pezzi dalle atmosfere più simili al disco d’esordio (“
Necromantio”, “
It's alive”) mentre altrove, pur non disdegnando il furioso
drumming della
new-entry Randy ‘Thrasher’ Foxe (anche lui collaboratore dei Manilla Road), l’impressione è che il nuovo percorso stilistico finisca per mortificare le migliori prerogative dei protagonisti dell’opera, sia sotto il profilo squisitamente esecutivo e sia sotto quello compositivo (il
simil-growl di
Shelton nell’abulica “
Lightwave”, è un buon esempio di entrambi gli aspetti).
Andiamo un po’ meglio nelle due
suite presenti nel programma (“
To serve man” e “
The last rites of Edward Hawthorn”), che riescono ad alternare abbastanza efficacemente le differenti “anime” degli
Hellwell, creando scenografie sonore al tempo stesso apocalittiche, arcane e conturbanti.
A volte “lasciare la strada vecchia” non è per davvero un’opzione vincente … auspichiamo un pronto recupero della “retta via”.
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