Dopo un demo e il debut del 2013, i tedeschi
Stallion tornano sul mercato col nuovo "
From The Dead", un album che nelle intenzioni del combo dovrebbe lanciare definitivamente il loro nome nell'olimpo dello speed-thrash,
Purtroppo, a mio parere, la strada è ancora lunga; non che siamo di fronte ad un brutto lavoro, alcune canzoni anzi denotano un tentativo di allontanarsi un pò dai clichè del classico heavy metal ("
Waiting For A Sign",il brano migliore un mid tempo roccioso in cui sono presenti dei synth e con un interessante accelerazione centrale stile Metallica, "A
waken The Night" con arpeggi, rallentamenti e furiose accelerazioni o "
Underground Society") ed il songwriting è sicuramente più maturo, ma cio' che si ha alla fine dell'ascolto è una sostanziale sensazione di deja-vu che non appaga pienamente il nostro palato fine di defenders.
Il vocalist Paul è una via di mezzo fra Hell Hofer dei Bullet (quelli svedesi, non americani) e Steve "Zetro"Souza degli Exodus ma il suo timbro, troppo gracchiante ed acuto, a volte risulta un pò fastidioso, i riff sono sicuramente mutuati dagli Exodus e dai Judas Priest e fin quì nulla di male, mancano però della cattiveria dissacrante e tagliente del combo californiano e sopratutto a livello di assoli sono abbastanza lontani dai funambolismi del duo Downing-Tipton.
Interessanti sono anche la titletrack che inizia con un arpeggio acustico e poi diventa una cavalcata thrash, e "
Blackbox" che pur nella sua prevedibilità si muove su un buon riff di chitarra, mentre per il resto le composizioni scorrono su binari già percorsi da altri gruppi, e questo fa scemare l'interesse nell'ascoltatore.
Credo che se gli Stallion riuscissero ad affilare un pò il songwriting mettendovi più originalità, le possibilità di emergere sarebbero superiori considerando che le capacità tecnico-esecutive certamente non mancano al gruppo.
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