Il percorso artistico musicale dei Les Discrets giunge ad un nuovo approdo, molto differente da quanto fatto in passato.
Mi corre l’obbligo di fare una premessa che riguarda il concetto di “artista a tutto tondo”. Fursy Teyssier è sicuramente un artista a tutto tondo (è anche uno scultore), ma non tutta l’ispirazione si tramuta in arte o, quantomeno, in un qualchecosa che può definirsi tale appieno.
Seguendo il solco del suo amico Neige degli Alcest, la volontà è quella di reinventarsi continuamente, sondando nuovi terreni e nuovi percorsi, che non è detto che conducano ad un risultato apprezzabile.
Tutto questo per dire che “Prédateurs” sembra un disco incompiuto, senza una direzione ben definita, con molta parte delle composizioni che variano dal mediocre al trascurabile.
Cosa suonano oggi i Les Discrets? È sempre stato difficile dare una definizione precisa, ma oggi siamo dalle parti della confusione. Che Fursy Teyssier si metta a fare trip hop, dark jazz, shoegaze, tutto virandolo di umore tenente dal grigio scuro al nero, lascia il tempo che trova se poi le canzoni non lasciano il segno.
Se si eccettuano le già edite “Virée Nocturne” e “Le Reproche” il resto delle canzoni non offre spunti degni di sorta se non la curiosità nel vedere i nostri alle prese con composizioni spurie rispetto al passato.
Certo, “Rue Octavio Mey” conserva quella piacevole malinconia trademark del passato della band, ma è un po’ poco per un disco che ha richiesto ben 5 anni per vedere la luce.
Rimandati al prossimo disco, per il momento la sufficienza è di stima.