Oibò, quale mai sarà il gruppo di riferimento di una formazione che si chiama
Purpendicular, nasce come
cover-band dei Deep Purple e ospita in un brano del suo secondo
full-length un certo
Ian Paice?
La risposta è ovviamente banale (chi ha detto Slayer è pregato di interrompere immediatamente la lettura …), mentre molto meno scontato è il giudizio che mi sento di riservare a questi simpatici e ed esperti
rockers dopo la fruizione reiterata del loro “
Venus to Volcanus”.
Originalità prossima allo zero, un amore sconfinato per ogni straordinaria mossa artistica (incluso gli ultimi, ottimi, “
Now what?!” e “
Infinite”) dei loro idoli e tuttavia un notevole gusto nel trasformare tanta devozione in canzoni piacevoli, che rimandano all’incredibile
songbook dei
Purple senza tracotanza, con quella genuinità che solo una vocazione profonda può comportare.
Aggiungete una tecnica di livello, indispensabile in questo tipo di operazioni, e otterrete un dischetto dedicato a tutti gli estimatori del
british hard-rock, dai neofiti (a cui consiglio tuttavia un minuzioso studio preventivo del “gruppo-guida” ...) ai più smaliziati, che al limite potranno sbizzarrirsi nella disamina dettagliata dei singoli passaggi del programma, alla ricerca dei vari modelli Purple-
iani utilizzati per la loro stesura.
A chi amasse ascolti meno analitici, non mi rimane che segnalare la bella voce di
Robby Thomas Walsh (seppur privo della sua primordiale esplosività fonatoria, un credibile emulo di
Gillan, e non è impresa facile …), la solidità esecutiva del resto dei
Purpendicular e una raccolta di frammenti sonori dal lodevole impatto emozionale, in cui fare classifiche di merito (ammetto, però, di avere un debole per “
I can’t win them all”, l’ammaliante “
Absence”, “
Troubleman” e “
Earth sand” …) è praticamente impossibile.
Così, l’unica vera notazione la spendiamo, in ossequio alla più classica
noblesse oblige, per il clima avvolgente di “
Wonderful”, a cui contribuisce (pure in fase compositiva), oltre al mitico
Paice, anche l’altrettanto leggendario
Tony Carey dei Rainbow.
Senza grosse “pretese” “
Venus to Volcanus” è un disco molto godibile, un sentito e vivace omaggio a un caposaldo del
rock, la cui formula espressiva non mostra segni di “stanchezza” neanche nelle convulse frenesie del terzo millennio.
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