Oramai il moniker di Opeth è diventato sinonimo di qualità assoluta, di un modo di intendere e vedere la musica estremamente personale, efficiente ed efficace. Ogni album di questo combo svedese è particolare e riesce a splendere di luce propria. Sono poche le bands moderne (anche se il primo album, 'Orchid' risale al lontano 1994) che riescono a creare album sempre densi e pieni di significato e che lavoro dopo lavoro, riff dopo riff, riescono ad innalzare ed a innovare il proprio sound. Beh, lasciatemi dire che i qui presenti Opeth sono tra queste poche elette, e 'Ghost Reveries' ne è un chiaro esempio. Se l'ultimo masterpiece 'Blackwater Park' (senza contare l'ottimo 'Deliverance' e la parentesi acustica di 'Damnation', lavoro che comunque ha lasciato una traccia notevole sul presente album) risultava orientato verso un suono al confine tra il Death Metal e lo Stoner, la release odierna è un turbinio di influenze sapientemente amalgamate e perfettamente interpretate. Death Metal, Space Rock, psicadelia, Jazz, Dark, Gothic e Progressive si muovono all'unisono creando un avventura sonica a 24 carati... ma la cosa che rende veramente basiti è l'estrema organicità di tutto questo; è la non pesantezza che potrebbe affliggere canzoni lunghe 10 minuti e passa (e ve ne sono ben quattro nel dischetto, ovvero 'Ghost Of Perdition', 'The Baying Of The Hounds', 'Reverie/Harlequin Forest' e 'The Grand Conjuration') ed è il gusto che viene sciolinato sia in fase di songwriting che di puro arrangiamento. Sarà che Arkefeldt è divenuto papà (quindi cresciuto maggiormente sul lato personale e, di riflesso, sul tipo di emozioni poste in musicali), sarà l'innesto in veste fissa, sia come musicista che come autore, del tastierista Peter Wilberg (ex Spiritual Beggars) unitamente alla classica voglia Opeth-made di stupire, ma 'Ghost Reveries' è veramente un album speciale, sicuramente da porre su un gradino più alto rispetto al 90% delle uscite discografiche attuali. E così si capisce che fondere i Pink Floyd con i Morbid Angel è possibile, che miscelare i King Crimson con i Tool non è pazzia, che Leonard Cohen più andare a braccetto con i Nightingale moderni e che i The Doors possono giocare a nascondino con i Falconer! Signori e Signore, tutto questo è puramente ed esclusivamente Opeth sound. Leaders and not followers, gli Opeth hanno ancora una volta mostrato cosa vuol dire avere una visione globale della musica e cosa vuol dire dare libero sfogo ai propri istinti musicali. Epico, maligno, lisergico, pesante, etereo, apocalittico, vivo e frizzante. Cosa chiedere di più a questi Swedish Gods? Da avere, ascoltare e capire dalla prima all'ultima nota. Che spettacolo!