Da qualche parte ho letto che il Black Metal non sarà ricordato nella storia della musica e che i veri "grandi" musicisti sono da ricercarsi in tutt'altri generi: Pink Floyd, Nine Inch Nails, U2 hanno, insomma, lasciato un segno che gli scandinavi col volto dipinto di bianco non hanno, di certo, fatto.
Questo secondo quello che ho letto, non ricordo dove.
Lasciatemelo dire: puttanate!
Sono stanco di leggere, e sentire, commenti del cazzo sulla musica estrema, sulla sua presunta non dignità rispetto ai suoni più "nobili". La cosa peggiore, a ben riflettere, è che la generale opinione negativa sull'estremo dipende, principalmente, da chi il genere lo suona e da chi lo ascolta: per la maggior parte parliamo di ragazzini esaltati, che probabilmente non scopano, capaci di mettere insieme due riff in croce e credersi chissà chi incidendo dischi su dischi ed inondando il mercato con le peggiori porcherie. Poi dall'altra parte c'è il pubblico: le caratteristiche sono comuni con i musicisti con la differenza che gli ascoltatori non suonano uno strumento e che, crescendo, passeranno ad altri ascolti, più maturi ed impegnati.
Visto così sarebbe giusto credere a chi giudica il Black una porcheria.
Solo che, a volte, ti capita tra le mani un album come
"Ett Fjärran Kall", esordio per il duo svedese dei
Fornhem, e di colpo ti rendi conto che, si, anche il Black Metal ha dignità artistica e che chi crede che esso sia solo un genere per ragazzini esaltati, da abbandonare crescendo, si sbaglia, e anche di molto.
Questo genere di musica va ascoltato davvero, va vissuto nel proprio animo, va amato per quello che può dare quando fatto bene come nel caso specifico e la qualità, credetemi, non ha età. O c'è o non c'è.
I
Fornhem non inventano niente di nuovo.
Il titolo stesso dell'album, che vuol dire "Un richiamo da molto lontano", sottolinea come la loro musica guardi indietro e si rifaccia agli insegnamenti di Burzum, primi Ulver e Kampfar, insegnamenti che vengono però interiorizzati, rielaborati ed usati per scrivere quattro brani molto lunghi (si va dai sette ai quindici minuti), freddi, melodici, violenti e assolutamente struggenti.
L'emozione che emerge da queste composizioni è difficilmente paragonabile a qualcos'altro: la forza evocativa di certe partiture vagamente folk, quella ipnotica del riffing, ispiratissimo, ripetuto all'infinito, la dirompente forza dello scream selvaggio, le atmosfere "semplici" e profondamente nordiche, sono tutte caratteristiche che nessun altro genere vi farà vivere perché, ripeto, queste emozioni le potrete trovare solo in dischi come questo.
Certamente ci sarà chi preferirà musica più tecnica, ci sarà chi preferirà ascoltare gente che canta senza urlare o melodie più facili da capire rispetto a queste senza tempo e colore, ma io resto dell'idea che un album come
"Ett Fjärran Kall" resta una piccola opera d'arte che ha tutta la dignità di essere considerata vera musica.
Se poi non vi piace, pazienza, in giro c'è tanta musica "colta" da ascoltare...
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