Sareste contenti di fare una partitella a calcetto con il sosia di Ibrahimovič? Di conversare al pub con un attore che somiglia terribilmente ad Al Pacino? Vi piacerebbe buttarlo in cu.. no, diciamo scop... dai, vi piacerebbe prendere un caffè con una tizia che ricorda l'Edwige Fenech dei gloriosi film anni '80?
Probabilmente le risposte a queste domande sarebbero un "sí, beh, carino dai" oppure "per un'attimo può essere divertente".
Siamo a queste conclusioni anche con gli
Attic, band tedesca che arriva oggi al secondo disco e che continua la sua opera di scopiazzamento-tributo ai mitici Mercyful Fate e King Diamond. Come il precedente "
The Invocation", anche il nuovo "
Sanctimonious" è un disco tutt'altro che brutto, solo è davvero troppo derivativo. Quando scegli di ispirarti ad una band particolare come quelle il cui il frontman è il
Re Diamante e ne ricalchi tutti i crismi, devi contemporaneamente confrontarti con quanto prodotto dalle band originali e... alla fine ne esci a pezzi. Un po' perché quando si parla dei Fate o del King solista si parla di dischi che vanno dal bello al capolavoro e non è tanto semplice replicarne i fasti, soprattutto senza l'abilità e le idee dei musicisti originali.
"
Sanctimonious" è un disco che si ascolta con piacere un paio di volte, alcune canzoni non sono male e può persino materializzarsi sulla faccia un sorriso di compiacimento. Ma poi ti volti, guardi tra i tuoi dischi e vedi la copertina di
Melissa, di
Conspiracy, di
Time... e ti viene automatico pensare "beh, ma se devo ascoltare degli imitatori, allora mi ascolto gli originali". Ed il discorso è tutto qui.
Certo, il signor
Cagliostro svolge un ottimo lavoro e la sua ugola in diversi frangenti è fottutamente uguale (no dai, simile) a quella di
Kim Bnedix, le chitarre tirano fuori riff che non sono affatto male e le atmosfere sinistre si avvertono ma... la varietà è limitata e, soprattutto, è impossibile cancellare quel senso di "finto" che pervade il tutto.
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