"Arvet" inizia dove terminava il precedente "Syner": l'insignificanza dell'essere umano viene sublimata nella struggente forza del black metal di
Erik Gärdefors, polistrumentista depositario unico del progetto
Grift.
Un black metal straziante, melodico, ricco di spunti folk (esaltati dall'uso del psalmodikon, un antico strumento svedese) e di momenti ambient che, tutti insieme, legano strettamente l'album alla natura, all'inverno, alla malinconia, alla fine.
Erik Gärdefors urla disperato, quasi piangendo.
Le chitarre dipingono melodie evocative che ti sbattono lontanissimo e ti feriscono l'animo.
Sinistri lamenti strumentali e suoni dal profondo di impenetrabili foreste ti danno il benvenuto (?) nel nero.
Le velocità aumentano e diminuiscono, improvvise.
Tutto intorno resta solo il vuoto.
E
l'emozione.
L'emozione di una musica semplicemente stupenda, profondissima, che sa sorprendere e riscaldarti il cuore sebbene sia gelida e poco confortevole.
"Arvet" è un album da non perdere per nessun motivo: esso è pura bellezza, è pura atmosfera, è un mondo che non esiste e che mai potrà esistere, esso è ghiaccio, ruscelli, falò, alberi, uccelli, morte.
Di tutto questo
Grift è un cantore inarrivabile, un interprete che ha pochi paragoni oggi come ieri.
Strepitoso.
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