Prima di tutto un paio di considerazioni:
1) chi decide di farsi conoscere attraverso la trascrizione di un brano monumentale (tanto più se il pubblico di riferimento è notoriamente parecchio esigente e scrupoloso …) o ha una notevole consapevolezza delle sue potenzialità, oppure è un completo sconsiderato.
2) La “scuola” italica dell’
AOR è ormai una realtà consolidata, qualificata per ergersi a credibile antagonista dello strapotere
yankee e scandinavo, ed essere all’altezza di tale gilda è diventata un’impresa anch’essa piuttosto impegnativa.
I
Freight Train di Rimini, rivelatisi al “mondo” nel 2015 grazie a una
cover di “
Any way you want it” (dei Journey, precisazione superflua, spero …) non sono per nulla degli incoscienti e l’analisi del loro debutto sulla lunga distanza li pone nel solco dei migliori interpreti “adulti” del
Belpaese.
“
I” è un disco assai riuscito, sublimato da una sofisticata tecnica esecutiva e da un pregevole
songwriting, che ci consente di fare la conoscenza con una
band capace di esprimersi con innato buongusto sia nelle partiture più energiche e sia in quelle maggiormente raffinate e delicate.
Volendo fornire al lettore qualche agevole riferimento comparativo, diciamo, dunque, che nella raccolta si possono trovare - oltre ai
Maestri omaggiati con il “rischiosissimo”
remake (qui riproposto e ottimo, per la cronaca …) di cui sopra - bagliori di Eclipse, Toto, Tall Stories, Europe, Whitesnake, Ten e Work Of Art, ma il tutto è poi interpretato e amalgamato con sagacia, sensibilità e talento, allontanando fin dal primo contatto l’ipotesi di moleste ingerenze ispirative.
Anche la scelta (voluta o “obbligata” che sia …) di condensare lo spettro delle proprie attuali peculiarità espressive in poco più di mezzora appare, alla luce delle frenesie contemporanee, parecchio azzeccata, mentre al mancato “centro pieno” nel bersaglio della soddisfazione
cardio-uditiva concorrono una resa sonora non particolarmente nitida ed equilibrata e un pizzico di sfocatura nella costruzione dei brani, talvolta un po’ “confusionari” nonostante il notevole
appeal.
Scorrendo brevemente i singoli passi del programma, segnaliamo innanzi tutto l’elegante contagio
anthemico di “
You won't fall” e gli impulsi garbatamente dinamici di “
Into the fire”, seguiti da una lussureggiante stratificazione di note cristalline denominata “
Another chance”.
Si prosegue con l’urgenza vigorosa di “
Here I am”, ma se cercate qualcosa di veramente emozionante arriva l’imperioso crescendo passionale di “
Somewhere, someday”, così avvincente da “imporre” ascolti reiterati.
Dopo l’intermezzo strumentale “
The prelude”, tocca alla vigorosa “
Reach for the stars” cagionare un’altra bella scossa sensoriale, mitigata negli effetti solo da una produzione che non esalta appieno la sua ariosa incisività.
La versione acustica di “
Into the fire”, infine, con i suoi rimandi ai CSN&Y, ci fornisce l’opportunità di sottolineare le suggestive armonie vocali costruite in tutto l’albo dai
Freight Train, i quali, sotto la brillante conduzione dell’ugola flessuosa di
Ivan Mantovani, esibiscono proprio questa particolare modalità espositiva tra le loro principali eccellenze.
Con qualche minimo “correttivo” e un naturale incremento nella maturità artistica, sono convinto che vedremo molto presto un altro importante esponente italico frequentare i “quartieri alti” della scena internazionale … e da vecchio sostenitore dell’
Italian Way Of Melodic Rock non vedo l’ora che ciò avvenga.