Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2017
Durata:60 min.
Etichetta:Napalm Records

Tracklist

  1. SEND IN THE CLOWNS
  2. DARKSIDE OF THE SUN
  3. THE DOOR
  4. HEAD DOWN
  5. CROSSROADS
  6. THE UNSEEN
  7. DRESSED IN BLACK AGAIN
  8. MOLLODROME
  9. WORN AND TORN
  10. CITY OF BROKEN THOUGHTS
  11. LIKE A STRANGER
  12. LEAVE THIS TOWN (BONUS TRACK)

Line up

  • Michelle Darkness: vocals
  • Michael Setzer: guitar
  • Oliver Merkle: guitar
  • Rainer Hampel: bass
  • Matthias Siffermann: drums

Voto medio utenti

"In medio stat virtus".
L'ormai 25ennale carriera dei tedeschi End of Green - se non volessimo sprecare altre parole- potrebbe essere tranquillamente racchiusa nel celeberrimo adagio latino.
La band di Göppingen infatti, pur avendo con questo "Void estate" raggiunto il rispettabile traguardo dei 9 full length, non ha mai sfoderato il top album ma parimenti non ha mai composto una release definibile brutta.
Una carriera nella zona grigia tra anonimato e successo.

Ma d'altra parte la proposta musicale di Michelle Darkness e soci, il depressive subcore come essi stessi lo definiscono, porta nei propri cromosomi una tristezza ed una maliconia che influenza tutti gli aspetti della vita della band.

Eppure questo "Void Estate", giunto quattro anni dopo quel "The Painstream" passato praticamente inosservato, pur mantenendo inalterati i canoni del suono del quintetto del Baden-Württemberg, merita più che un ascolto distratto e superficiale.
Certo, la parte del leone è sempre affidata alla voce profonda ed evocativa di Darkness, ma il lavoro delle due sei corde Merkle/Setzer è chirugico nel tratteggiare atmosfere rarefatte, disperate e malinconiche ed il songwriting della band è di prim'ordine (se amate lyriche di questo tipo)

Episodi come la ballad introduttiva "Send in the clowns" riescono toccare in profondità così come la doomeggiante "Mollodrome" e la successiva "Worn and torn" che strizza l'occhio (senza fare nulla per nasconderlo) ai sommi Tiamat di "Wildhoney".
Le coordinate stilistiche dell'album sono facilmente riconoscibili: evidenti richiami appunto alla band di Johan Edlund, ai Paradise Lost più doom, ai Katatonia dell'ultimo, meraviglioso, "Fall of the hearts" pur senza (ovviamente) raggiungere i picchi compositivi di nessuno di questi titani.

Ma se lo scopo della musica è emozionare, credo che ascoltare in una giornata della stagione in arrivo brani come "The Unseen" (il punto più elevato dell'album), "Like a stranger" oppure alla lentissima "Head Down", possa senza dubbio assolvere benissimo a tale compito.

Questo "Void Estate" non sarà un must-have dell'anno, non entrerà in nessuna delle liste famigerate "quali dieci album salveresti dalla distruzione del pianeta?", probabilmente passerà senza lasciare grosse tracce di sè in perfetto stile End of Green, ma altrettanto sicuramente se avrà tempo di sedimentare negli ascoltatori più attenti sono certo che regalerà brividi inaspettati.

End of Green - "Send in the clowns"



Recensione a cura di Alessandro Zaina

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