Togliamoci subito il dente: avendo letto la provenienza -attuale o passata- dei membri degli
Zornheym ho affrontato con un certo pregiudizio l'ascolto di questo "
Where hatred dwells and darkness reigns", debut album della band licenziato da
Non Serviam Records.
Dark Funeral, Diabolical, Devian e Facebreaker (le bands di provenienza dei 4 membri del gruppo svedese) infatti -per usare un eufemismo - mi provocano sommovimenti incontrollabili al basso ventre.
Capirete bene perciò perchè il primo passaggio nel lettore sia stato ascoltato con sufficienza, togliamoci 'sta ciste e passiamo oltre.
Ed invece.....
Ed invece questo disco è una fottuta bomba atomica.
Presto attenzione all'opener "
The Opposed" e capisco che
Zorn, Bendler e compagnia borchiata fanno maledettamente sul serio: atmosfere opprimenti, melodie accattivanti e riffing affilato mi calamitano senza scampo, anche perchè i passaggi orchestrali arricchiscono in modo discreto e decisivo invece di risultare pomposi.
Sono conquistato: mi accorgo che la release ha in pratica 6 brani veri e 3 interludi ciascuno della durata inferiore ai 2 minuti che però non sono affatto dei fillers ma al contrario contribuiscono ad aumentare malessere e disagio nell'ascoltatore.
Consiglio di provare l'ascolto al buio di "
Subjugation Of The Cellist", di "
Prologue To A Hypnosis" oppure di "
And The Darkness Came Swiftly" e poi mentirmi dicendo di non aver cercato l'interruttore della luce, per sfuggire ai mostri che la mente proietta nell'oscurità.
Ho parlato di mente non a caso: fortunatamente infatti (ed inaspettatamente data l'estrazione dei musicisti) anche le liriche sono all'altezza della proposta musicale. Invece di testi imbecilli su diavoloni vari, demoni che attaccano le porte del paradiso, satana quanto sei bello-cattivo-potente-ti venero forteforteforte, questo "
When hatred dwells..." è profondamente filosofico e descrive le esperienze terapeutiche che pazienti con gravissimi disturbi mentali subiscono nelle case di cura (manicomi è fuori moda), i vari strani incidenti che capitano ai malati e tutto l'orrore e la violenza che circondano queste persone.
La violenta "
A Silent God" con il suo stacco centrale fatto di melodie orientaleggianti sottolineate da cori e dalla voce in clean di
Bendler racconta il silenzio del Creatore di fronte alle preghiere urlate dei malati, tanto per chiarire; "
Trifecta of horrors" porta avanti le intenzioni dei nostri di farci penetrare l'orrore fin dentro la testa e dopo il breve intermezzo di "
And the darkness..." inizia la gemma del disco, la trilogia finale.
In "
Whom the nights brings..." (la mia preferita), "
Decessit Vita Patris" e nella conclusiva "
Hestia" l'omaggio degli
Zornheym ai maestri Emperor, Dimmu Borgir (delle origini), Satyricon si fa evidente anche grazie al massiccio uso di orchestrazioni, al coro formato da artisti della scena svedese chiamato
Zornheym’s Chorus Tenebris, alla presenza di inserti di voce femminile ed alla combinazione di clean/harsh vocals unite a riffs tipicamente death.
Una delle cose che mi ha impressionato è come ogni elemento sia dosato in modo da non risultare troppo pomposo (le orchestrazioni), arrogante (i cori) o eccessivo (blast beats e chitarre zanzarose) ma al contrario assolutamente funzionale alle sensazioni che la band vuole trasmettere.
Se a questo aggiungiamo tanta tanta melodia oscura beh...abbiamo un album con i controfiocchi.
Come diceva il Graz tempo fa, ormai il metal di qualità si muove su coordinate pressochè sconosciute ai soliti volti noti e viene proposto raramente al di fuori del circuito underground, salvo rari illuminati slanci di qualche labels coraggiosa.
Gli
Zornheym sono tutto quello che i Dimmu Borgir dovevano essere (e non sono stati) in questi ultimi 15 anni: auguro a tutti di avere la fortuna di possedere questo diamante oscuro, io non posso che consigliarvelo a gran voce.
Zornheym - "
Decessit Vita Patris"