Prima che mi passasse per le mani questo "
Relics" (
Lifeforce Records), terzo lavoro dopo un full length ed un EP dei
Despite Exile, a memoria ricordo solo una band dedita al metal più estremo provenire dal Friuli Venezia Giulia: i Raintime del meraviglioso "Tales from Sadeness".
Ebbene, oggi come allora, ho provato la stessa meraviglia e lo stesso piacere nell'ascolto, a dimostrazione di come perseveranza, abilità tecnica, coerenza e "palle" alla fine fortunatamente vengano premiate.
Il giovane combo di Udine infatti dalla sua fondazione nel 2010 ha mantenuto immutata la lineup, ad eccezione del drummer
Matteo Paoli sostituito da
Simone Cestari, e questo è stato ed è uno dei suoi punti di forza permettendo un'evoluzione ed una maturazione esponenziale nel corso di questi sette anni di carriera.
La band prosegue con la sua proposta fatta di technical death metal unito ad una forte componente melodica, eliminando quasi del tutto i passaggi di metalcore che invece erano ben presenti nei primi 2 lavori.
E' anche in tale ottica che ho parlato di evoluzione: spesso i gruppi di questa corrente estrema concepiscono i loro album come una sorta di "vulgar display of power" per infilare un'abnorme quantità di riffs e virtuosismi vari nei pezzi finendo per essere poco o nulla fruibili dagli ascoltatori che perdono il senso e la logica delle composizioni.
I
Despite Exile no: ogni brano è sì tecnico, sì complesso, sì sfaccettato, ma nello stesso tempo di relativamente semplice assimilazione e interpretazione.
L'intro "
Ghost Vessel: Adrift" con i suoi rumori di onde sulle murate di un vascello unito allo stridio delle corde fa sì che ci si sintonizzi immediamente con il feeling del disco ed alcuni passaggi strumentali che contiene richiamano i brani che seguiranno, come la successiva "
Absent Foundation" la quale abbandona immediatamente le sonorità oniriche e quasi rarefatte per far posto ad una serie di continue aggressioni sonore ben bilanciate da parti più melodiche.
Fenomenale anche la successiva "
Introspector" che, dopo un appena accennato utilizzo di synth, riprende a martellare fortissimo grazie al continuo incrociarsi dei riffs di
Ferraro e
Santini ed all'implacabile muro sonoro eretto dalla sezione ritmica di
Minozzi e
Cestari.
Il platter prosegue su questo tenore sciorinando una serie di brani pazzeschi, ognuno dei quali potrebbe funzionare da singolo trainante, per precisione, brillantezza di intuizioni melodiche, songwriting ed impatto.
"
Deviant", la title track "
Relics" con le sue aperture melodiche e rabbiose al contempo, "
Death Drive" con i suoi break ed i suoi assalti furiosi, la strumentale "
Ghost Vessel: Swerve" e le sue melodie siderali e gelide che si riversano e si completano nella seguente "
Of Imaginary Shipwrecks": è pressochè impossibile trovare un filler o anche solo un punto debole nel set di brani proposto.
Il disco si conclude con "
Ephemeral" ma il brano che mi ha definitivamente conquistato, il brano che ho riascoltato quasi in loop per parecchio tempo, è "
Submerge": ebbene io non posso che ringraziare e premiare una band che ha preso il main theme di "Terminator" (se devo fare una nota per chiarire cos'è filate subito a studiare!!) e l'ha reso un micidiale uragano death.
Tutto in questo album è di qualità superiore, a partire dall'artwork giocato su tonalità cupe e decadenti, passando per la produzione pressochè perfetta (e non è scontato, parliamo sempre di metal estremo) sino ad arrivare alla prova dei musicisti tra i quali non posso fare a meno di segnalare la superlativa prova di
Simone Cestari dietro le pelli.
Spesso guardiamo - ed includo anche il sottoscritto nel novero dei detrattori- alla scena di casa nostra come ad una sorta di parente povero rispetto ad altre realtà europee od internazionali: ebbene band come i
Despite Exile hanno il piacevole compito di farci rimangiare tutto.
Spero che tutti gli amanti dell'estremo in musica non si facciano sfuggire questo "
Relics": sarebbe un imperdonabile errore!