Rieccolo, l'uomo universale.
Uno dei pochi capaci di cantare qualsiasi cosa con estrema naturalezza, non escludo a priori che potrebbe dire la sua anche nel growl con un disco death metal, se non fosse per il timore di alterare o rovinare quella splendida voce che da più di trenta anni da' da mangiare a lui e regala a noi dischi meravigliosi.
Eh sì, perchè
Jeff Scott Soto di dischi BRUTTI ne ha fatti?
Il sottoscritto, che però ammette candidamente di non aver ascoltato tutti i 3412 cd che il cantante newyorkese ha magistralmente interpretato, non riesce a ricordare un album semplicemente BRUTTO; magari qualcuno meglio, qualcuno peggio, ma come minimo si tratta di risultati non entusiasmanti ma decenti. Se poi andiamo a considerare quanto fatto con
Malmsteen, o con
Talisman, o
Rudi Pell beh allora scendiamo nel campo dei capolavori o dei dischi che proprio hanno segnato la storia dell'heavy metal tutto.
Facciamo un nome? Ma sì dai: "
Marching Out" e tutti a casa.
Torniamo al presente con questo "
Retribution", uscito ad inizio novembre 2017 sempre per l'immarcescibile
Frontiers Music, dopo ben cinque anni dal precedente "
Damage Control”, un disco che allora non convinse appieno il nostro
Marco Aimasso... o meglio, un buon disco in ogni caso ma con quel pizzico di rammarico del "si poteva fare di più", quasi obbligatorio quando si scende a patti con una voce così intensa, potente e riconoscibile come quella di Soto.
Questo "Retribution" è un disco molto classico per gli amanti di Soto, diverso dalle ultime cose che ha cantato con i
Sons of Apollo o con l'esperienza
W.E.T. o la stessa band
SOTO che ha messo su un paio di anni fa (che casino Jeff, starti dietro con le schede band è un lavorone...), molto
Talisman se vogliamo, brani energici di fattura 100% hard rock losangeleno si mischiano ad episodi più funky (i meno attraenti per quanto mi riguarda) tipo "
Bullet For My Baby" o a ballad strappalacrime e qualcos'altro, come "
Song For Joey", piacevole ma non esaltante.
Quello che funziona davvero sono le chitarre del buon
Howie Simon, che a volte si lancia quasi in assoli di Yngwiana memoria, sempre rocciose e a disegnare riff su cui si scatena la voce di Jeff, tanto che "
Breakout" in qualche passaggio mi ha ricordato la vecchissima "
Spotlight" dei
Takara, altra band tra le 75 mila a cui Jeff ha prestato la voce, senza dubbio uno degli hilights del disco insieme alla omonima opener
Brani BRUTTI, stesso discorso in apertura fatto per i dischi, non ce ne sono, sono tutti perlomeno decenti (tipo "
Dedicate to You", sembra tirata fuori da una penna stanca di
Stan Bush) fino a giungere ai migliori, tra cui eleggiamo la classicissima "
Inside Outside", estratta in ogni caso dall'ottimo poker iniziale composto da "
Rage Of The Year" e "
Reign Again".
Non un disco che sbanca ma la solita certezza da parte di un grandissimo veterano della scena del rock, senza dubbio una delle più grandi voci.
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