Non ci speravo più, non me lo attendevo più.
Sei anni di assenza, per una band piccola e senza alcuna cassa di risonanza come i
Crom, sono un'eternità. E se il debutto "
Vengeance" nel 2008 aveva riscaldato il cuore a tutti noi orfani di
Quorthon (sebbene poi gli
Ereb Altor siano riusciti nell'impresa), già il successivo "
Of Love and Death" nonostante i primi entusiasmi si è scontrato con la prova più impietosa, quella del tempo, non reggendo sulla lunga distanza.
Questo nella mia immaginazione segnava la fine di una bellissima ed intensa avventura che in ogni caso ci aveva regalato un disco emozionante, magnifico e di grande valore affettivo nei confronti dell'unico vero principe del metal nordico.
E invece sul finire del 2017 ci ritroviamo a parlare nuovamente dei Crom, inaspettatamente ed al contempo con gran soddisfazione.
Sì, perchè "
When Northmen Die", già azzeccato sin dal titolo, vede il gran ritorno di
Walter Grosse che evidentemente deve aver bisogno di tempo e fiducia per pubblicare un grande album: a scanso di equivoci e di alcuni difetti che da sempre lo affliggono, come una durata troppo elevata ed alcuni brani che non reggono lo standard qualitativo, "When Northmen Die" è uno splendido lavoro, carico di pathos, di epicità, di furore e di viking metal come in pochi oggi riescono a fare.
Il tutto nelle varie sfaccettature che il genere ed i Crom sanno offrire e condito dalla particolare, forse a volte un po' sgraziata (ma meno che in passato) voce di Grosse che però alla fine è assolutamente perfetta per la meta che si vuole raggiungere e per le peculiarità della musica in questione.
Come detto, la durata veramente eccessiva (69 minuti!) ed alcuni brani poco efficaci allentano un po' la presa di un disco altrimenti davvero coinvolgente: si parte con la battagliera opener "
Behold the Lights", un guerreggiante up-tempo con un chorus da subito assoluto protagonista, il classico brano che si stampa in testa, con tanto di cori magniloquenti a suggello, della serie prendiamo la nostra ascia e ci tuffiamo in prima fila contro il nemico invasore, avete presente la scena no?
Odino che si staglia sulla cover (a fondo verde, come il debutto "Vengeance") peraltro molto bella ci aveva già ben disposto ma sinceramente non ci aspettavamo dei Crom così battaglieri, in una veste quasi spiccatamente power metal.
Con la seguente "
All Alone" invece ripiombiamo al 100% nel
Bathory sound, quello di "
Through Blood by Thunder", con il delicato ed introspettivo arpeggio iniziale che introduce la "classica" epic song in midtempo in pieno stile "
Hammerheart" e "
Twilight of the Gods", realmente emozionante e sentita, senza dubbio una delle migliori del disco.
Indubbiamente la prima metà del disco è quella che offre maggiore continuità, infatti a ruota troviamo "
Shields of Gold" che è un altro pezzo da 90 di "When Northmen Die", con l'assolo portante di tutta la canzone che è assolutamente da brivido e rende tutta la magniloquenza di un genere che basa la propria forza sull'onore, la lealtà e la fratellanza.
L'acustica ed autocelebrativa "
Dear Father" funge un po' da introduzione alla successiva "
Betrayal" che a parere di chi vi scrive risulta il migliore episodio del nuovo lavoro dei Crom, che come al solito racchiude in pochi distintivi tratti tutta la summa del genere: cadenzata, ipnotica, cantato aggressivo ma pulito, cori in crescendo, assoli epici...ragazzi, questa è da film, specie la parte col narrato in sottonfondo, e mi rammarico di non avere i testi sottomano per poter declamare a pieni polmoni
"YOU'RE NOT MY SON YET, YOU'RE A STRANGER TO MY HOUSE, SO LEAVE MY KINGDOM NOW!!!".
Brividi.
Raggiunto il climax totale, da qui in avanti si incrociano un paio buoni pezzi seppure senza strafare ("
I'm With You" e la conclusiva quasi outro "
Farewell Song") o un po' troppo ripetitivi o spompati ("
Rain"), per poi ripiombare in tre pezzi di puro acciaio fuso: "
One Step to the Lake Below", di chiaro riferimento Bathoriano, è un mid tempo vulcanico con il cantato più aggressivo ed incisivo che il buon Walter sappia offrire, "
Sentenced to Death" ripercorre lo stilema dell'assolo epico che indirizza il brano per tutta la propria durata ed indovinato quello, indovinato tutto (o quasi) anche grazie ad un ottimo bridge, e per finire la lunga titletrack di quasi 9 minuti di durata, un eroico concentrato di tutte le caratteristiche che così tanto ci fanno emozionare.
Da segnalare, come accennato prima, la splendida copertina, la produzione brillante, la partecipazione di Seraph dei Dark Fortress alla batteria, e la bonus track per la limited edition di "
The Millennium King", un brano praticamente power metal con doppia cassa a manetta e voce sparata più alta che può, magari un po' inusuale per lo stile dei Crom ma ugualmente godibile e particolare.
Non sarà un fine dicitore, non ha inventato nulla ne' lo reintepreta con chissà quali alchimie, ma i CROM colpiscono con semplicità e serietà i cuori di chi ha amato e continua ad amare per tutta la propria vita le sonorità innalzate al Valhalla da Quorthon, e solo per questo meritano un plauso ed un'attenzione di fondo. Se poi riescono a farlo anche con album assolutamente indovinati come questo "
When Northmen Die", allora sta solo a noi rendergli merito.