Di fronte ai germanici
Inner Axis, la prima impressione è quella di trovarsi per le mani il dischetto di una formazione battagliera, sullo stile di Stormwarrior, Sacred Steel o Wizard, un pensiero sponsorizzato tanto dai guerrieri che irrompono dalla copertina del loro nuovo album, quando dal titolo che gli hanno affibbiato: "
We Live by the Steel" e da quelli delle dieci canzoni che ne fanno parte.
E nell'accoppiata iniziale, "
Blades of Death" e "
All Is One", gli
Inner Axis mostrano un discreto tiro, pur dovendo fare un po' l'orecchio alla timbrica, stentorea e non particolarmente potente e versatile, di
Kai Hagemann. Seppur i cori siano epici e discretamente coinvolgenti, la ritmica si riveli solida e i due chitarristi lascino intravedere un buon gusto sia nei riff sia nella fase solista, i brani non riescono mai a esplodere. Lo stesso si riscontra su "
Night Rider", per quanto punti maggiormente su un passo ben scandito, e il risultato non cambia: gli
Inner Axe sembrano sempre sul punto di poter fare la differenza, ma poi si arrestano sulle loro posizioni.
Non riescono a dare uno scossone nemmeno con l'episodio successivo, un mid tempo che si snoda tra Manowar e Running Wild dal titolo "
The Brave", e così i risultati migliori li raccolgono con la vivace "
Storm Lords" e l'anthemica "
Rain or Shine", a rafforzare (soprattutto la seconda che ha anche il compito di chiudere il disco) l'accostamento con gli svedesi Hammerfall. Peccato che nel mezzo ci piazzino tre dei momenti più bassi del disco; le noiose "
Hound of Hell" (pur nei suoi tentativi thrasheggianti) e "The Call of Steel", e infine la sconclusionata "
We Live by the Steel".
True Defender ... ma interlocutori. Per ora rimandati all'appuntamento con il terzo album.
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