“
E’ un disco che necessita di svariati ascolti per essere compreso” … quante volte l’abbiamo detto (e scritto), magari senza “crederci” proprio fino in fondo, anche solo per convincere l’interlocutore dubbioso a dare credito ai nostri suggerimenti di
rockofili (e “scribacchini” musicali).
Ebbene, per cercare di descrivere i contenuti di “
The horse and other weird tales” affermerò l’esatto contrario, poiché fin dal primo contatto si comprende che nel nuovo lavoro di
Jess And The Ancient Ones c’è qualcosa di straordinario, in grado di superare i
trend e affascinare anche i più smaliziati intenditori di
psych-doomish-rock.
Quel “qualcosa” è la laringe di
Jess, da sempre seducente, sinistra e ipnotica ma ormai giunta a livelli di espressività tali da renderla una delle migliori rappresentanti della fonazione modulata della sua generazione.
Il resto lo fanno strutture musicali in qualche modo più concise (e non per questo eccessivamente frivole o banali) rispetto alle opere precedenti e la conferma di un clima psichedelico / occulto sicuramente fuori da “comune”, cesellato su dinamiche soniche istantanee e imprevedibili e su un sapiente intreccio tra melodie e stordimento in grado di sviluppare uno strano senso di ammaliante scompiglio sensoriale, in una sorta di alternanza tra l’universo terreno e quello spirituale.
Le tastiere
Manzarek-esche di
Abrahammond amplificano gli effetti di una dimensione magica e visionaria che vive di sospensioni e accelerazioni nell’epilettico atto di apertura “
Death is the doors”, si nutre di pura energia
sixties in “
Shining” e in “
Your exploding heads”, per poi trasformarsi in vibrante e lisergica pulsazione
blues n’ soul nei solchi di “
You and eyes”, contraddistinta da una
performance vocale di enorme spessore.
“
Radio aquarius” è un intermezzo drammatico dall’atmosfera vagamente
Cash-iana, “
Return to hallucinate” riesce a rendere “moderno” il
rock acido e "
(Here comes) The rainbow mouth” evoca l'effige di una
jam session tra Deep Purple, Jefferson Airplane e Atomic Rooster, magari dopo un assaggio di “certi” funghetti.
Il clima caliginoso di "
Minotaure” e quello ancora più cupo e cangiante di “
Anyway the minds flow” sono nuovamente il palcoscenico perfetto per l’istrionica ugola della funambolica
vocalist, capace, con le sue eccezionali doti tecnico/interpretative di distogliere l’attenzione dell’astante da quel velo di sottile manierismo che talvolta affiora nelle partiture della formazione finnica.
“
The horse and other weird tales” è una piccola tempesta di emozioni, e il fatto che il tutto nasca da un crogiolo di suoni provenienti dal “passato” diventa, grazie al talento e alla vocazione innata di una voce strepitosa e di un manipolo di eccellenti musicisti, un “dettaglio” puramente informativo.
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