Ammetto che normalmente la combo concept album+death melodico+gruppo nordeuropeo ai miei occhi ha quel quid in più, come gli occhi verdi in una ragazza per David Lo Pan nel celeberrimo film di Carpenter e quindi spesso rischio di farmi prendere da eccessivo entusiasmo.
Non è però questo il caso: "
Aspirations of failure", secondo full length dei danesi
Killing Gandhi edito da
Massacre Records, a dispetto del nome "stravagante" del combo ha molti motivi per essere accolto con entusiasmo.
Giusto per dirne uno al basso ed alla chitarra troviamo
Kasper Gram e
Martin Arendel che, per chi non li conoscesse, facevano parte dei Wuthering Heights ed hanno contribuito a creare quel gioiellino power che risponde al nome di "The Shadow Cabinet".
Inoltre alla voce
Thorbjørn Jensen, nonostante qualche filtro a volte inopportuno (nessuno ha parlato di un disco perfetto!), conferma come già nel precedente "
Cinematic Parallels" di essere una delle realtà più interessanti nel panorama estremo odierno.
C'è tanta sostanza insomma...
Attraverso 12 tracce i
Killing Gandhi ci raccontano come due uomini affrontino i loro fallimenti ed i loro successi sia in campo personale che professionale. La vicenda è un mix di fantasia e di vicende personali di Arendel.
E tutta la struttura del disco si comporta di conseguenza: dopo l'intro strumentale "
Opus#6" da "
Let me tell you" passando per "
Dark Hours", "
Hollow Paintings" sino ad arrivare a "
The Great Escape" (probabilmente la miglior traccia dell'intero album) seguiamo la prima figura attraverso partiture musicali in cui sono evidenti i richiami a Dark Tranquillity ed a Mors Principium Est.
Riffs serrati, tirati ed estremamente veloci ma con una spiccata attenzione alla melodia si intersecano con cascate di synth e tastiere regalandoci pezzi sicuramente non complicati ma non banali o ruffiani.
Da "
Opus#2" abbiamo poi altri quattro brani che passano al secondo protagonista dell'album, "
Art of Silence", "
My true being", "
The Painter and the sleeper" e "
Farewell", pur proseguendo sulle medesime coordinate della prima metà del disco sono intrise di una maggiore malinconia, hanno un mood più cupo proprio a sottolineare come diversi siano i modi di approccio alla vita dei due uomini. In "
The Painter and the sleeper" abbiamo anche le ottime performance vocali di
Maja Iven Ulstrup e
Annemari Arendal che, alternandosi con Jensen danno vita ad una canzone dai due volti.
Ed infine, dopo l'ultimo interludio "
Opus#1" è compito di "
Building my own fate" chiudere il cerchio riunendo i due percorsi in un'ideale conclusione unica.
Interessante poi notare una sottigliezza; i due gruppi di canzoni che riferiscono a ciascun personaggio si concludono con un brano dal titolo vagamente di commiato o di addio: "
The great escape" e "
Farewell".....l'ho trovata una coincidenza singolare.
Vi bastano le mie parole per dare loro una possibilità? Non lo so, quello che so è che preferisco un disco come "
Aspirations of failure" con tutte le sue imperfezioni rispetto a parecchia pattumiera che gruppi ben più celebrati stanno sfornando negli ultimi anni.
Killing Gandhi - "
Art of Silence"
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