Il quinto album degli statunitensi
Ilsa coincide con la prima volta per
Relapse, davvero un bel traguardo per la band di Washington DC che lavoro dopo lavoro ha saputo guadagnarsi il rispetto e le attenzioni di una sempre più ampia fetta di audience.
D’altronde è davvero difficile ignorare bellamente il loro particolarissimo mix di sludge/doom/death/crust dall’essenza alienante e disperata. E’ come se gli
Eyehategod facessero un frontale coi
Coffin e i superstiti decidessero di pubblicare un disco ad esso dedicato.
Sporcizia, rabbia, claustrofobia, satanismo, miseria….tutto questo è contenuto in
“Corpse fortress”, tanto che mi azzardo a definirlo come una intensa esperienza sonora dalle diverse sfaccettature – valga in questo senso l’opener “
Hikikomori” che fotografa esattamente gli
Ilsa di oggi - dove ogni elemento si fonde alla perfezione.
Lungi dall’essere un album stancamente monocorde, in
“Corpse fortress” non mancano anche i passaggi più ritmati – per i canoni degli Ilsa si intende! – come “
Nasty, brutish” ,Old maid” e
“Ruckenfigur” in cui le ritmiche si basano su schemi sì rockeggianti, ma sempre dotate di un potente riffing ossessivo, così come è anche presente la fusione più spiccatamente death metal in “
Prosector”, a mio avviso uno dei migliori brani del lotto.
“Corpse fortress” è un album maturo, di spessore e con personalità che sicuramente non sarà digerito da molti, da coloro che sono alla ricerca di sonorità più catchy, ma che a tutti gli effetti si candida ad essere uno degli episodi più personali dell’inizio di questo 2018
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