Grabak - Encyclopediae Infernalis

Copertina 5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2001
Durata:46 min.
Etichetta:CCP Records
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. DIE WIEGE DER FLAMMEN
  2. DäMONENBLUT
  3. DAS LEGAT
  4. DAS LABYRINTH DER STILLE
  5. VISIONEN IM EIS
  6. BLUTTAUFE
  7. ERFüLLTE PROPHEZEIUNGEN
  8. GRAND GRIMOIRE
  9. IM ANGESICHT DES DRACHEN

Line up

  • Chris B.: guitars
  • Andre R.: bass
  • Jan K.: vocals
  • Gabor A.: bass
  • Dirk L.: drums

Voto medio utenti

In anticipo di qualche mese rispetto al primo d’Aprile la CPP Records ci fa uno scherzo davvero molto divertente. Questi Grabak non possono essere altro che uno scherzo, non si riuscirebbe a spiegare in altro modo un contratto così buono per cinque individui che dicono di suonare “Saxonian Black Metal” e si presentano come “Demonic Six String Assault”, “Berserker’s War Battery” e “Hellthroat” (vi risparmio gli altri due per rispetto nei vostri confronti). I Grabak partono già con il piede sbagliato grazie ad un nome orribile e un logo ancora peggiore, un artwork scandaloso e un titolo dell’album che può solo farvi sorridere: “Encyclopediae Infernalis”, che fa tanto Marduk. Questi simpatici austriaci ci vengono infatti introdotti come i fratellini poveri del gruppo svedese, che già ultimamente sembra arrivato alla frutta (per dovere di cronaca ricordo solo alcuni titoli del loro ultimo album: “Pompa Funebris 1660”, “Death Sex Ejaculation”, “Jesus Christ…Sodomized”). Se quindi già i Marduk non navigano in buone acque, figuriamoci un gruppo clone che si presenta con queste credenziali! Comunque qualcosa di buono i Grabak l’hanno fatto: i testi, infatti, sono riportati in solo tedesco, e questo mi impedisce di capire una sola parola delle nefandezze che i cinque Sassoni ci propongono nella loro enciclopedia. Tra l’altro le canzoni non hanno neppure un titolo, sono solo numerate dall’1 al 9. Dal punto di vista prettamente musicale il gruppo rappresenta tutto quello che il black metal, secondo il mio modesto parere, non dovrebbe essere: una voce fastidiosa, mille cambi di tempo che confondono l’ascoltatore, riff già sentiti centinaia di volte. Oltretutto neanche l’intro fatta di vento, suoni oscuri, trombette e urla di alcune vergini fanciulle riesce più a stupire…e poi cosa sono quei rumori in sottofondo? Sembra qualcuno che sparecchia la tavola! Tuttavia devo essere sincero e, nonostante la tremenda antipatia che ho provato per i Grabak fin dalla prima occhiata al booklet, ammettere che qualche spunto positivo c’è. Nei momenti più rilassati ed atmosferici trovano posto alcune scopiazzature ai maestri Dissection e Satyricon, che fanno comunque piacere. Qualche riff di chitarra poi è davvero carino, e anche la traccia finale, che riprende il motivetto dell’intro, sembrerebbe ben realizzata (simile a quanto proposto ultimamente dai Summoning), ma è letteralmente fatta a pezzi da una orribile voce demoniaca che ci parla sopra. Insomma, non è proprio tutto da buttare, e non sarebbe giusta nei confronti del gruppo una totale stroncatura. Ma i Grabak farebbero meglio a guardarsi in faccia e a correggere alcuni “particolari” che minano la loro credibilità: purtroppo sono band come questa, con le facce pitturate e le lingue di fuori, che offrono spunti alla gente per prendere per il culo l’intero movimento, e questo non è bello. In conclusione un’altra chicca: questi cinque ragazzi satanisti, violenti e malvagi ringraziano in fondo al booklet le mamme e le fidanzate!
Recensione a cura di Alessandro 'Ripe' Riperi

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