Sarà un discorso fatto più volte ma
White Horse Hill rientra a pieno titolo in quei dischi che si fa fatica a descrivere a parole, di quelli dove le sensazioni che provi sono tutte tue, di quelli che se il contenuto non ti comunica nulla, non è il tuo disco.
Il "contenuto" ho detto, perché chiamarle canzoni sarebbe riduttivo, le tracce intrappolate all'interno dell'album sono componimenti fatti di emozioni legati alla vita, alla terra, alla storia.
Senza fare il Luzzatto Fegiz della situazione ma parlando terra terra, ricordo che gli inglesi
Solstice arrivano a questo album a vent'anni di distanza dal loro precedente (ed imperdibile) lavoro
New Dark Age, con il solo intermezzo di qualche EP. Nel frattempo si sono evoluti, sono maturati, e maturata è la loro visione musicale, molto più ampia e senza regole. Si parla di heavy metal epico, di doom o più semplicemente si parla di musica profonda, mai tetra ma anzi trionfale, potente, con accenni maliconici, con lo spettro dei Bathory che affiora a più riprese, con qualche accenno folk a dare colore, con qualche muscolo dei vecchi Manowar a spingere e la solennità dei Candlemass a dare splendore.
La voce del "nuovo"
Paul Kearns, calda, baritonale e assai differente da quella del precedente cantante, porta la bandiera dei Solstice attraverso le lunghe tracce che compongono il lavoro. Sì perché al netto della opener e di "
Beheld, a Man of Straw", il minutaggio è piuttosto elevato e passa dagli oltre 7 minuti di "
For All Days, and for None" per arrivare ai 12:48 di "
Under Waves Lie Our Dead". In mezzo, una selva di melodie, riff ripetuti, stati d'animo che cambiano, tempi lenti, mid-tempo e un tipo di metal, un tipo di musica -come dicevo prima- difficile da descrivere, tutta loro.
La batteria è vera, le chitarre piene e grasse ed il loro sound è vivo, ottenuto in un modo molto ingegnoso: collegare i jack e darci dentro lasciando scorrere l'ispirazione.
Come disco spesso in questi casi, potrei fare un track by track, potrei analizzare i singoli pezzi e ricoprirvi di aggettivi ma davvero, lasciate che sia la musica dei Solstice a parlare. Non è un linguaggio immediato, figlio di questi tempi frenetici, non è accessibile a tutti ma è assolutamente vero.
Uno di quei dischi per cui vale la pena vivere questo genere.
Fate un bel tespiro e calatevi in Under Waves Lie Our Dead nel player qui sotto
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