Un disco fuori dal tempo, fuori dalle mode ma fatto col cuore questo debutto dei canadesi
Gatekeeper.
Un cuore d'acciaio.
Attiva dal 2013, la band si è fatta notare subito nell'ambiente underground attraverso diversi EP ed ottimi live ma si trova solo oggi a pubblicare il primo full lenght (per la nostrana e sempre attenta
Cruz Del Sur) affrontando un recente cambio dietro al microfono. Questa novità si chiama
Jean Pierre Abboud (proveniente dagli ottimi doomster Funeral Circle) e ve ne parlo perché il cantato su questo
East Of The Sun è una delle armi principali a disposizione dei Gatekeeper. Il sua voce graffiante, parzialmente sporca e spesso alta, altissima (ma espressiva) aiuta infatti l'heavy metal dai forti tratti epici e dagli accenni doom dei Nostri a decollare.
Durante i primo paio di ascolti in auto di
East of Sun, non sono rimasto molto impressionato, anzi, confesso di averlo trovato un disco altalenante, registrato in modo approssimativo che aveva sí momenti buoni ma che mi lasciava molto, molto perplesso. Ci sono poi ripassato sopra più volte, in cuffia e sullo stereo di casa. Tutto un altro sentire. Finalmente la grandezza di questo disco è arrivata e sono in grado di parlarvene.
Questa introduzione è doverosa, se non altro per ricordare che dare un'opinione sui dischi richiede tempo e dedizione, bisogna deporre facili entusiasmi e ragionare con calma, altrimenti si rischia di farsi un'idea sbagliata dettata dalla fretta di sparare giudizi ed opinioni. Ricordando sempre che nessuno è depositario della verità.
Non fatevi ingannare dalla traccia rilasciata in anteprima, "
Blood of Cimmerian" (che è anche l'opener del disco) è un pezzo power diretto e veloce che serve a richiamare l'attenzione, a dare una frustata, mentre il vero contenuto di
East of The Sun è fatto di un heavy metal fiero, epico, potente, che riesce nella sua semplicità a creare quella famosa sensazione di "correre a petto nudo nella neve".
Detto della opener, le successive 3/4 canzoni hanno momenti riusciti alternati ad altri in cui ad esempio ritornelli sono un po' staccati dal resto del brano ("
Warrior Without Fear"), oppure prendono quota quasi sul finale senza coinvolgere a pieno ("
North Wolves"), oppure ancora sono un pochino lunghe e nonostante l'alternanza di porzioni elettriche e acustiche, qualche momento di stanca/ripetitività affiora (vedi gli oltre 8 minuti di "
Ninefold Muse").
Una parte di queste sensazioni "negative", di questo coinvolgimento che viene e che và, è dovuto a linee vocali a volte troppo sforzate ed in parte ad una registrazione tutt'altro che impeccabile, con chitarre molto spostate sulle medie frequenze, una batteria dai suoni rivedibili (soprattutto la cassa) e da una voce messa molto avanti che, a tratti, non è del tutto convincente. Sembra anche che le canzoni siano state scritte in periodi diversi, tanta è la differenza tra lato A e lato B del disco.
Ma non temete, come accennavo poco sopra, questo è un disco che sento un pochino debole nella prima parte ma che alla distanza tira fuori tutto il potenziale. Un potenziale enorme. Ecco che "
Bell of Tarantia" nella sua semplicità e nel suo incedere marziale mostra i muscoli ed il coinvolgimento comincia a salire per aumentare in occasione della
title track e del suo saper variare tra momenti tranquilli e concitati, con tante liriche e quasi sgarbata nella sua pseudo-finezza. L'intensità ed il fomento diventano poi inarrestabili su "
Swan Road Saga" in cui riff, cantato e cori efficaci si legano in un tutt'uno, poi sugli 8 minuti e 32 di "
Oncoming Ice" l'epicità dilaga ed i Gatekeeper prendono definitivamente il largo veleggiando in modo maestoso tra i grandi interpreti di questa musica.
Come detto, il loro è un tipo di metal antico, non certamente di moda, venato di epic e doom ed influenzato da grandi esponenti del nostro genere, soprattutto di metà anni '80 e, a tal proposito, i Gatekeeper vogliono omaggiare due "giganti minori" come Omen e Savatage attraverso le riuscite cover di "
Death Rider" e dell'immortale "
Hall of The Mountain King". Un'interessante parentesi che mostra ulteriormente le loro capacità.
È vero che la band di Vancouver arriva a questo debutto discografico a seguito di numerosi split e dopo quasi un decennio di attività ma sento che potrebbe fare ancora di più. Posto che
East of Sun debba essere un acquisto sicuro per i fan del genere, tengo quindi in tasca un pezzettino di voto, ponendo fiducia in un prossimo lavoro ancora migliore.