Ormai assidui frequentatori del mio impianto stereo -manco fossero i
Maiden-, prolifici come conigli, indefessi stakanovisti del pentagramma, eccoli qui, alla terza scorribanda discografica nel giro di un anno: gli ineffabili
Tusmørke!
Comincio ad affezionarmi all’eccentrico quartetto norvegese, che dopo “
Bydyra” (
musical scritto appositamente per i bambini di una scuola di
Oslo), conferma l’idiosincrasia per le “cose normali”.
Così, a questo giro,
The Phenomenon Marxo Solinas e soci hanno deciso di confezionare un ermetico
concept teso a riconsiderare la percezione di tempo e realtà, partendo dal presupposto che qualsiasi cosa i nostri occhi vedano altro non è se non un riflesso creato dall’impatto della luce del sole su un particolare oggetto. Ciò avverrebbe, per l’appunto, alla velocità della luce; pertanto, laddove si riuscisse a progettare un macchinario in grado di farci muovere più velocemente rispetto alla luce stessa, potremmo sorpassare il predetto riflesso e vedere la storia al contrario, con tutte le conseguenze che si possono immaginare (?).
Direi che non fa una grinza!
Che volete che vi dica, presumo sia il potere degli allucinogeni…
Potere che, fortunatamente, si ripercuote anche sui profili squisitamente musicali di questo “
Fjernsyn i farver” (“televisione a colori” in norvegese), ancora una volta prezioso ricettacolo di influenze
progressive folk rock dal sapore
vintage.
Rispetto agli esordi si nota un maggior focus nei brani, che mantengono durate perlopiù ragguardevoli ma smarriscono parte della carica psichedelica messa in mostra in passato. Le stesse linee vocali di
Krizla, seppur stralunate come da tradizione, risultano meno svolazzanti e più concise, sfociando talvolta nel ripetitivo (un esempio per tutti: il ritornello di “
Kniven I Kurven”, reiterato con una ostinazione degna di “
Brave New World”, tanto per mantener vivo il parallelismo con gli
Iron).
Parimenti, il lavoro di
Benediktator al basso accorda a “
Fjernsyn i farver” un
groove smargiasso, quasi
funky (si oda, in proposito, l’ottima
title track).
Anche stavolta l’assenza di chitarre viene compensata da una cura certosina per gli arrangiamenti e da composizioni colme di inventiva… a volte anche troppa, come nel caso di “
3001”, il cui incipit
elettro-
sci/fi alla
Kraftwerk cede il passo ad un acido delirio cibernetico dall’ardua digeribilità.
Più accessibili “
Borgerlig tussmørke”, il cui piglio sornione sfocia in un bel crescendo di stampo organistico, “
Death Czar”, dagli echi tribali affini agli ultimi
Solefald, e la conclusiva "
Tøyens hemmelighet", che evoca spiritelli silvestri tanto cari a
Jethro Tull e
Focus.
Nel complesso, quindi, ci troviamo di fronte ad una
tracklist nel contempo varia e solida, in grado di tener desta l’attenzione dell’ascoltare per (quasi) tutti i 46 minuti di durata del
platter.
“
Fjernsyn i farver”, l’avrete ormai capito, passa agli annali –ai miei, quantomeno- come l’ennesimo bel lavoro da parte dei
Tusmørke, che a ritmi pressoché indemoniati stanno erigendo una cattedrale discografica imponente e ben architettata.
A tal proposito, mi raccomando: realizzate un nuovo album entro la fine del 2018, altrimenti vado in crisi di astinenza!
A presto…