Toh chi si rivede!
Dopo ben 6 anni di silenzio la storica black/thrash metal band norvegese degli
Aura Noir ha dato alle stampe il quasi omonimo sesto album della loro carriera.
E siccome non c’era motivo di cambiare stile o cose simili, la materia che compone i nove pezzi finiti nella versione edita di
“Aura noire” è sempre costituita da un ruffianissimo black/thrash che si abbevera alle fonti antiche di
Bathory, Celtic Frost/Hellhammer, Venom e a quel bellissimo, ruvidissimo insieme che costituiva la musica estrema tedesca dei primi anni 80.
Il disco inizia molto bene con
“Dark lung of the strom” e “
Grave dweller” che risultano sì piacevoli all’ascolto ma non rendono in pieno l’idea di ciò che ci aspetta con lo scorrere dei minuti.
Con la terza traccia
“Hells lost chambers”,
“Aura noire” si impenna con decisione: un brano dall’impatto talmente ignorante ed ispirato che sembra provenire dalla penna del miglior
Cronos dei tempi che furono.
E il metallo scorre!
“The obscuration” è l’equivalente di una nostalgica cavalcata impetuosa, “
Demoniac flow” è un tributo riuscitissimo a
Kreator/Destruction e fa venir voglia di rispolverare i bracciali borchiati e le care vecchie (e mai passate di moda aggiungo) cinture a cartucciera dall’armadio. In una parola: coinvolgente.
E più il tempo sul timer prosegue nella sua corsa e più l’alchimia che scorre all’interno del terzetto è palpabile: le sfuriate di
Apollyon dietro le pelli si amalgamano alla perfezione coi riff bollenti di
Blasphemer e questi con le urla agghiaccianti prodotte da
Aggressor.
Il disco si congeda con la chiassosa
“Cold bone grasp” che non dubito farà sfaceli dal vivo spazzando l’aria a suon di decibel!
Riassumendo il disco in un solo concetto, si può dire che
“Aura noire” si erge sprezzante su tanta musica noiosa.
La ruvidezza elevata ad arte.
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