Suona molto appropriato che, dopo averci vastamente intrattenuti sul tema della peste, quei simpatici mattacchioni dei
Délétère decidano di confezionare un
concept sulla lebbra.
Un
concept che narra di tale
Teredinis, lebbroso che nel corso della
tracklist si tramuta in profeta e incarnazione stessa della terribile malattia di
Hansen.
E se l’immaginario stuzzica il vostro interesse (sebbene, sappiatelo, le
lyrics siano pressoché interamente in francese), aspettate di poggiar l’orecchio sulla musica…
Già, perché “
De Horae Leprae”, secondo
full della compagine canadese in uscita per
Sepulchral Production, ha tutto il
nécessaire per mandare in brodo di giuggiole ogni
blackster degno di tale qualifica.
Ad onor del vero, lo stesso poteva dirsi per i precedenti “
Les Heures de la Peste” (2015) e “
Per Aspera ad Pestilentiam”, solidissimo
EP del 2017; purtuttavia, è con questa release che i Nostri raggiungono la definitiva consacrazione -sperando non se ne abbiano a male-.
Tutto fila a meraviglia nei solchi del dischetto in esame:
- a livello compositivo assistiamo ad una prova maiuscola, con brani lunghi ma mai sovrabbondanti, fedeli alla tradizione ma mai banali;
- il
riffing si dimostra ancor più impetuoso che in passato, così come l’impressionante
drumming, ma a strabiliare è la prova, addirittura sovrannaturale per potenza evocativa e malignità, di
Thorleïf, uno dei pochi
screamer attualmente in grado di far la differenza;
- la produzione si rivela affilata e nitida al punto giusto, mentre gli arrangiamenti riescono a sublimare le atmosfere solenni e lugubri al tempo stesso del
platter, pur mantenendosi nel solco della linearità (esemplari, in quest’ottica, le incursioni dell’organo).
Mi ero ripromesso di elogiare l’opera nel suo complesso, senza soffermarmi sui singoli pezzi, ma dopo l’ennesimo, entusiasmante ascolto non posso proprio esimermi dal menzionare nere meraviglie del calibro di “
Cantus I – Teredinis Lepra” (irrefrenabile cavalcata), “
Cantus IV – Inopia et Morbo” (la cui disperata epicità saprà farvi scorrere un brivido lungo la schiena), “
Cantus VIII – Atrum Lilium” (dalle velleità quasi anthemiche) o “
Cantus V – Figura Dysphila” (la prova che melodia e malattia possono felicemente convivere).
Laddove ci si fosse sforzati di differenziare maggiormente le composizioni si sarebbero lambiti i confini dell’eccellenza assoluta; già così, ad ogni modo, ci troviamo di fronte ad un prodotto di molto superiore alla media del genere.
Pertanto, nell’attesa che i
Délétère decidano di soffermarsi su altre adorabili malattie diffuse nel Medioevo quali gotta, fuoco di sant’Antonio o malaria, plaudiamo alla spietata beltà di “
De Horae Leprae”, fragorosa dimostrazione che il futuro del
black metal –quello vero- passa anche dal
Quèbec.
Chapeau.