Il prestigioso ruolo di
recensore della Gloria imporrebbe probabilmente un atteggiamento più distaccato e asettico, ma questa è una di quelle volte in cui sarà molto difficile nascondere l’entusiasmo con cui accolgo uno dei miei (tanti) beniamini, a cui, nello specifico, sono particolarmente affezionato da quando fu definito, non senza un pizzico di gusto giornalistico per l’iperbole, la “
risposta italiana ai Judas Priest”.
Aggiungiamo che per il loro ritorno discografico i
Crying Steel “scomodano” addirittura
Tony Mills, uno dei miei
vocalist preferiti dai tempi degli Shy e appare chiaro che la curiosità per l’ascolto di “
Stay steel” sia assai elevata e, per certi versi, altrettanto “ansiogena”.
E allora diciamo subito che l’apprensione svanisce celermente fin dal primo contatto … i “nuovi”
Crying Steel, coordinati dai veterani
Ferri,
Franchini e
Nipoti, continuano a essere uno dei più valorosi alfieri del
Belpaese metallico e questo debutto per la
Pride & Joy Music ha complessivamente tutte le qualità per soddisfare in maniera ampia, oltre che tutti i fedeli sostenitori dei bolognesi, pure gli estimatori di (ebbene sì …) Judas Priest, Queensryche, Saxon e Malice.
Dopo le doverose “rassicurazioni”, arrivano anche alcune riflessioni, partendo proprio dalla presenza dell’eccellente cantante britannico il quale, pur artefice di una prova importante in termini di professionalità, tecnica e capacità interpretative, finisce, in qualche modo, per affievolire il “carisma” tipico della
band e per caratterizzare un po’ troppo i pezzi, tanto da ricordarmi in più di una circostanza i “suoi” Siam.
Al di là di quest’osservazione e di un paio di piccoli cali di tensione ("
Barricades”, “
Raise your hell”) riscontrabili nel programma, “
Stay steel” si rivela un ottimo disco, sufficientemente vario e molto intenso, che con la suggestiva "
Born in the fire” conquista l’apice della soddisfazione uditoria e ha nella micidiale
opener “
Hammerfall” e nelle frenesie epico-metalliche di "
Sail the brave” altri due momenti di grande impatto istantaneo.
La miccia della deflagrazione emotiva si accende pure per merito delle possenti cromature di “
The killer inside”, “
Speed of light” e “
Name of the father”, dei sussulti Priest-
iani (versione “commerciale”) di “
Blackout” e delle atmosfere vagamente “stradaiole” di “
Crank it up”, mentre a “
Warriors” e “
Road to glory” è affidato il compito di inneggiare agli
Dei dell’
Hard n’ Heavy, diventati anche un po’ italiani grazie al coraggio, al talento alla determinazione di gruppi come i
Crying Steel, fieri appartenenti a una generazione di musicisti che hanno fatto la “storia” del
metallo nostrano e persistono nel sostenere la “causa” con intatto entusiasmo, immutata passione e tanta qualità.
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