Il ritorno sulle scene dei nostrani
Profezia, almeno per il sottoscritto, è un'ottima notizia anche perché
"Dodekaprofeton", rilasciato, come le ultime uscite, sempre per
Moribund Records, rappresenta quanto di meglio il gruppo italiano abbia mai inciso, per lo meno fino ad oggi.
L'intreccio tra Black Metal old school, devoto soprattutto a Burzum, Gorgoroth e Darkthrone, e melodie decadenti alla My Dying Bride, intarsiate dall'ottimo uso del violino, infatti, non era mai stato così efficace nel saper descrivere quell'atmosfera occulta e misteriosa da sempre obiettivo di Kvasir e soci, atmosfera che, ovviamente, permea tutto il nuovo album rendendolo affascinante e, in qualche modo, di "culto".
I sette brani di
"Dodekaprofeton", per quanto evidentemente debitori nei confronti dei modelli che ho citato, sono sette preziosi inni al nero ottimamente bilanciati tra mid tempos dalle inquietanti melodie, e accelerazioni "raw" di scuola nordica all'interno delle quali il riffing essenziale, ma molto ispirato del già citato leader dei Nostri, da vita a quel gelo tipico del metallo nero verso il quale i
Profezia si dimostrano devoti e del quale sono magistrali interpreti.
Come ho già accennato, l'aspetto migliore di questo album è il suo saper amalgamare elementi diversi, tanto è vero che, se ad un ascolto superficiale sembra di trovarsi di fronte al "solito" lavoro di Black Metal norvegese, andando a scavare in profondità ed ascoltando attentamente l'ottimo lavoro in fase di arrangiamento e di ricerca melodica, ci si rende conto, invece, di trovarsi di fronte ad un'opera di valore, complessa nella sua linearità, "italiana" nel suo spirito occulto, interpretata con la giusta attitudine, prodotta in modo perfetto (per il genere) e, soprattutto, vera e ricca di passione, un'opera, dunque, che gli amanti della musica estrema non possono e non devono ignorare.
Se poi siete esterofili a tutti i costi o vi sentite alla moda, beh, potete sempre sintonizzarvi su MTV: il metal "moderno" è la stessa cosa...
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