Gli svedesi Gypsy Roses fanno risalire le loro origini agli anni '80, in qualità di progetto del chitarrista Martin Kronlund (Dogface), ma è occorso quasi un ventennio per cogliere l'opportunità del debutto discografico. Motivo per il quale l'album raccoglie sia il materiale nuovo che quello realizzato agli esordi, anche se le differenze sono minime talmente è marcata l'influenza della corrente hard melodica ottantiana sullo stile della band.
Un nome su tutti quello degli Scorpions, padrini spirituali del gruppo scandinavo sia per tipo di approccio al rock che per le evidentissime analogie tra il vocalist Hakan Gustafsson ed il popolare Klaus Meine.
La somiglianza con il colosso teutonico assume dimensioni quasi imbarazzanti per buona parte del lavoro, ad esempio brani come "When you live at night","Light up my way" o "The look in your eye" possono tranquillamente essere scambiati per inediti del periodo "Blackout", cosa che non depone a favore della fantasia di Kronlund e soci.
Disco dallo svolgimento dignitoso, esecuzione professionale, produzione impeccabile, ci sono i classici lenti strappalacrime con assolo centrale di chitarra ("Moonlight, Decembernight"), non mancano episodi incalzanti di rock-fm che restano in mente al primo ascolto ("You are the one, Queen of the night"), senza però uscire mai da un manierismo di qualità niente più che sufficiente.
Come sempre più spesso accade ai nostri giorni non si possono avanzare critiche specifiche all'operato dei Gypsy Roses, ma nello stesso tempo viene fuori l'immagine di un lavoro con poco carattere e personalità, destinato inevitabilmente ad una cerchia ristretta di fans e completisti del settore.
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