Già immagino le arrabbiature di tanti gruppi devoti alle magiche sonorità del
rock melodico, magari da tempo faticosamente impegnati nel tentare di emergere da una scena in piena stagflazione.
Cosa c’entrano “questi qua” con il nostro genere, penseranno, e perché non hanno continuato a suonare con Soilwork, Arch Enemy, Spiritual Beggars e King Diamond invece di “rompere le scatole” a noi che sono anni che inseguiamo Boston, ELO, Toto, Steely Dan e Doobie Brothers, cercando di emularne le straordinarie gesta?
Beh, a tutti gli “invidiosi” dico che sarà meglio farsene una ragione, perché, nonostante la loro apparente estrazione musicale , i
The Night Flight Orchestra sono diventati effettivamente uno dei veri protagonisti dei suoni radiofonici, raffinati e vaporosi e con il nuovo “
Sometimes the world ain't enough” si “rischia” davvero di assistere al “salto di popolarità” definitivo degli svedesi.
Il programma dell’opera è, infatti, così adescante e disinvolto da non lasciar pensare nemmeno per un istante di avere a che fare con un progetto “artefatto” e, anzi, c’è quasi da chiedersi come i notabili della
band siano riusciti a soffocare così a lungo la loro vera “vocazione”.
Sia che sosteniate l’idea di un catartico “
coming out”, che siate ancora scettici o, e questa è forse l’ipotesi più verosimile, che si tratti di un raro caso di felicissima versatilità espressiva, sono comunque certo che converrete con il sottoscritto quando afferma che è veramente difficile trovare, nell’ambito del settore, momenti più efficaci di “
This time”, con il suo catalizzante crescendo “pomposo”, di “
Turn to Miami”, un
pop-rock tastieristico (di quelli che non spiacerebbero a
Jan Hammer) lieve e rinfrescante come la brezza primaverile o della
title-track dell’albo, un gioiellino di classe e
verve di cui gli stessi Toto sarebbero fieri.
Impossibile, poi, rimanere indifferenti di fronte al
funky vellutato di “
Paralyzed”, all’enfatico tocco “progressivo” di “
Moments of thunder”, alle spigliatezze
Lynne-esche di “
Speedwagon” o ancora alle romanticherie vagamente
kitsch di “
Lovers in the rain”, perfette per la colonna sonora di una pellicola
ottantiana impregnata dai temi tipici dell’edonismo statunitense.
Intense suggestioni emotive le riservano pure la vischiosa e incalzante linea armonica di “
Can't be that bad”, il
groove magnetico di “
Pretty thing closing in” (che ha addirittura “l’ardire” di mescolare certi Pink Floyd con i Kiss di “
Dynasty” … il tutto accompagnato da un suadente recitato femminile, che, in italiano, contribuisce da par suo ad irretire l’astante …) e le atmosfere soffuse e ammalianti di “
Barcelona” e “
Winged and serpentine”, mentre la conclusiva “
The last of the independent romantics”, con i suoi nove minuti abbondanti di durata, ostenta un approccio maggiormente variegato alla “materia”, senza per questo sminuire la caratteristica capacità “seduttiva” della formazione scandinava.
“
Sometimes the world ain't enough” è uno straordinario viaggio sonoro in una galassia piena di luci e colori, che colloca con consolidata certezza, a dispetto di chi si aspettava l’ennesima cometa, i
The Night Flight Orchestra tra le stelle di prima grandezza dell’affollato cosmo melodico contemporaneo.