E' sempre in forma il mitico Glenn Hughes e lo dimostra anche con "Building The Machine", sua ultima fatica solista.
Il nostro continua la sua opera di commistione tra hard, soul, funk, blues, che lo ha caratterizzato fin dai seventies. Come non citare a tal proposito l'album "Stormbringer", l'opera tra quelle dei Purple che appunto più risente di queste coordinate. A farne da testimone è proprio la cover di "Highball Shooter" tratta da quel lp.
L'iniziale "Can't Stop The Flood" parte in sordina, ma in crescendo, per poi cedere spazio ad un main riff pesante, pieno, cupo, in cui l'alternanza tra accordi decisi e stoppato fa sì che l'andamento ritmico goda di continue frenate e successivo rilascio dinamico; il tutto su di una batteria lineare e ricamato dall'Hammond. Refrain più spedito ed accativante, con la consueta espressività di Glenn in primo piano ed un basso vivace, quasi in walking, con opportuni cromatismi piazzati al punto giusto.
Grandissima anche "Inside", che gode di riffing pentatonico e prettamente settantiano in funky groove, ritornello con grandi cori che annoverano Bobby Kimball (presente anche su "Don't Let it Slip") come guest ed assolo "pungente". "Out On Me" è sui binari cari ai Rolling Stones ed è spinta da un buon sound chitarristico. "I just Want To Celebrate" è la seconda cover presente sull'album, tratta dal repertorio dei Rare Earth e resa più vitaminizzata per l'occasione. "Don't Let It Slip" è un altro funkettone scuotichiappe dal sapore tipicamente settantiano, dal chorus in falsetto, seguito da una passaggio pesante e dominato da distorsione e wah-wah; sicuramente tra gli episodi migliori dell'album. A dare un break ci pensa la ballata "Feels Like Home", contraddistinta da una parte iniziale con sola voce e chitarre acustiche a rendere una situazione quasi d'attesa, ma allo stesso tempo ritmicamente sostenuta. Nella parte centrale la song rallenta e si assesta su sensazioni più d'atmosfera, evocative, per riprendere quota con una successiva parte elettrica, che segna l'inserimento della batteria. "When You Fall" sembra un pezzo prettamente votato ad una funzione martellante (in esso figurano i momenti più pesanti di questo "Building The Machine"), ma provate ad inoltrarvi all'ascolto per scoprirne un cuore melodico ed accattivante. "I Will Follw You" è una ballata (così come la conclusiva "Big Sky") dal sound corposo, dall'andatura blueseggiante e figura come guest al piano John Beasley, noto per essere stato in tour con sua maestà Miles Davis nel 1989 e presente sul relativo album "Live Around The World". Anche l'armosferica e distensiva "Beyond The Numb", contribuisce ad un finale di album molto soft, andandosi ad attestare su registri funk-soul inglese. "Building The Machine" sine dubio non costituisce il picco massimo della produzione solista di Glenn, ma è un buon album, ulteriore testimonianza della sua classe ed inventiva artistica.
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