Dopo gli ottimi
Kosmogyr, la Cechia sforna un’altra interessantissima band band estrema, questa volta si tratta di una one man band, e sinceramente non si sente proprio, infatti il mastermind
Martjern si diletta con tutti gli strumenti in maniera ottima sia dal punto di vista esecutivo che creativo e in particolare è la parte ritmica a beneficiarne, sempre bella sostenuta, possente e “fantasiosa” o almeno non tediosa come sarebbe potuta essere con un uso non troppo ispirato della drum machine. Sono sempre stato un acerrimo sostenitore del “massimo 40/45 minuti” e pur continuando a pensare che, soprattutto in campo estremo, bisognerebbe stare attenti a non farsi prendere troppo dalla voglia di strafare, per questo
“All The Lights Faded” vale veramente la pena di fare uno strappo alla regola, tanto è alta la qualità della proposta, tante sono le influenze (
Dark Throne,
Silencer, su tutte) che si palesano e si intrecciano fondendosi perfettamente in questi 64 minuti di puro estremismo raffinato. Sembra quasi un controsenso, ma la base di partenza del sound di Infernal Cult è un black metal di matrice raw, dove per raw si intende soprattutto semplice, e non rozzo o scialbo, infatti i riffs sono tutti molto melodici e ben si incastrano tra loro riuscendo a tessere delle trame ora più tirate ora più riflessive e pacate ma non per questo meno efficaci, un esempio di quanto detto è senz’altro la stupenda title track posta in chiusura d’album che oltre a lasciare nella mente dell’ascoltatore un ricordo del sound di
Infernal Cult, funge un po’ da riassunto, come se
Martjern avesse voluto tirare le somme di quanto proposto e fissare nell’eternità la sua opera.
“All The Lights Faded” è un pezzo monumentale che merita di essere ascoltato più e più volte per goderne a fondo e non perdersi neanche un briciolo della sua pacata inquietudine Dovendo per forza descrivere l’album in pochissime parole direi che si tratta di un album in “perenne tensione” (ascoltate
“Distant From Living” per credere, dove si aggira addirittura l’inquietante figura di
Burzum) , c’è un mood quasi insostenibile che fa si che l’ascoltatore sia sempre sul chi va la, come se da un momento all’altro qualcosa di veramente negativo potesse accadere, probabilmente è solo una sensazione ampiamente amplificata dalle lyrics depressive oriented, fatto sta che l’album è malato al punto giusto e soprattutto convincente sotto tutti i punti di vista, grazie anche ad una produzione non forzatamente low-fi, ma anzi molto rifinita per il genere e dunque in grado di esaltare in maniera puntuale l’ottimo lavoro in fase di songwriting. Dopo tre ep e un demo
Martjern riesce a condensare in questo grande album tutta la sua fantasia e morbosa ispirazione e il risultato è impressionante. Come spesso accade le label ufficiali sono lontane dal vero underground e dunque l’album esce in formato digitale e in cd autoprodotto... quando le etichette cominceranno a cercare veramente la qualità a discapito della quantità sarà sempre tardi… L’unico appunto che mi sento di fare è nella scelta del monicker, infatti con un tale nome ci si aspetterebbe di trovarsi di fronte a qualcosa di più satanico e distruttivo, invece quello che ne esce fuori è un Culto Infernale seducente e affascinante … In ogni caso lunga vita al Culto …
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