Copertina 8

Info

Genere:Punk
Anno di uscita:2005
Durata:28 min.
Etichetta:People Like You
Distribuzione:Masterpiece

Tracklist

  1. TRENT
  2. I’M AN ACO
  3. YOUTH REBELLION
  4. THE CHASE
  5. POPEYE IN AFGHANISTAN
  6. LET IT RIDE
  7. LA ROCK CITY
  8. BLACK SUITS ON TABLE THREE
  9. KEEP ON
  10. A NEW BREED OF ROCK ‘N ROLL

Line up

  • Alex Brugge: lead vocals
  • Alex Zabolotsky: bass
  • Tak Boroyan: guitars
  • Bob Zamudio: guitars
  • Ryan Markley: drums

Voto medio utenti

Premesso che non sono nè un amante nè un intenditore di sonorità punk o hardcore che siano, non appena ho dato uno sguardo alla copertina in stile “Gangster movie” di questo lavoro dei losangelini Angel City Outcasts, ho intuito che, con un artwork così straordinariamente curato, le premesse per un lavoro interessante potessero esserci tutte.
E che questo “Let it ride” sia un lavoro interessante è puro eufemismo: questo è un disco fresco, dinamico, sorprendentemente originale, che nella sua scarsissima durata (questo è il vero punto dolente, il fatto che abbia il minutaggio di un mini cd eppure venga venduto a prezzo pieno!) spacca il culo alla metà delle cose uscite nel corso di quest’anno, appartenenti o meno allo stesso genere del quintetto californiano.
Non sono un consumatore abituale di queste sonorità, l’ho detto, ma è assolutamente impossibile non farsi conquistare dall’energia dirompente di questi ragazzi, che mischiano come se niente fosse punk, street rock, hardcore, con country e rockabilly; il tutto senza sembrare eclettici o forzati, tutt’altro, dando vita a brani meravigliosi, godibilissimi e, cosa alquanto sorprendente, perfettamente “naturali”.
La base è ovviamente quel “new punk” portato in auge anni orsono da gruppi come Offspring o Nofx (più vicini ai primi in questo caso!), ma i cinque amano contaminare ogni pezzo con tutte le influenze di qui sopra, rendendole piacevolissimi melting pot sonori che non possono non ricordare il caos etnico e culturale della loro città natale.
Ascoltate l’opener “I’m an ACO”, vero e proprio inno di presentazione, oppure “The chase”, o ancora la straordinaria “Popeye in Afghanistan” (che in circa cinque minuti di durata attraversa una gamma di emozioni e sensazioni differenti, con anche ampie citazioni della celebre musichetta di Braccio di ferro!) e avrete un’idea della bravura di questi giovanissimi americani.
I cinque sono aiutati anche da una notevole padronanza dei loro strumenti (cosa non sempre scontata all’interno di questo genere), che li porta a comporre canzoni dalla struttura elaborata, con notevoli parti strumentali, specie a livello chitarristico (assolutamente inusuale vedere le due chitarre che si rincorrono incessantemente, quasi fossimo all’interno di un pezzo degli Iron Maiden!).
Una futura promessa del mondo metal, o semplicemente una versione punk dei System of a down? Solo il tempo, e le prossime releases discografiche potranno sciogliere questo dubbio: nel frattempo, godetevi questo lavoro, che ha davvero tutte le carte in regola per far bene e per piacere: se ha colpito un “defender” come me, potrebbe colpire anche voi!
Recensione a cura di Luca Franceschini

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