Fautrice di un Doom Metal lento e pesante, ma pieno di soluzioni melodiche, la band meneghina è cosi giunta al quarto album in studio
C’è da dire onestamente che il genere proposto non consente grandi novità o sperimentazioni, tuttavia i Nostri sono riusciti a confezionare un prodotto assolutamente eterogeneo, frutto di diverse influenze e se i padri putativi quali Black Sabbath, Ozzy Osbourne e Opeth ( quelli più melodici ) erano ben noti , meno lo era la commistione di queste influenze con soluzioni prog alla Goblin o Pfm. Probabilmente perchè italiani , la band ha pensato bene di prendere spunto anche da questi gruppi nonché da un certo filone gothic-dark alla Tiamat, proponendo 6 pezzi ( eh si, sono pochi per un full length ma la loro durata media è di ben 7 minuti ) che non sono certamente di immediata assimilazione ma che riescono a tenere alta l’attenzione perlomeno nell’ascoltatore più attento
La caratteristica dei
Black Oath è anche quella di usare clean vocals e nel brano “
Once Death Sang” si sono avvalsi addirittura di una voce femminile, Elisabeth della band dei Riti Occulti, tuttavia è necessaria una certa concentrazione per assaporare in pieno gli oltre 40 minuti di durata del disco. I riff sono abbastanza simili fra di loro e si alternano fra sferzate metal, arpeggi acustici, lento incedere della sezione ritmica e vocals cantilenanti, quasi “
Behold The Abyss” fosse un rituale da compiere. Difficile in tutta onestà fare una track by track, l'album va assimilato nella sua interezza anche perché la struttura dei brani è molto simile fra di loro, le composizioni sono lunghe suite nelle quali troverete Doom Metal infarcito di melodia, riff prolungati e chorus epici, cori e solos spesso di matrice ckassix metal. Se proprio dovessi indicare una canzone che rappresenta la summa del sound del gruppo, direi la titletrack nella quale abbiamo un lungo arpeggio iniziale che ricorda certe cose dei Metallica, l'entrata delle chitarre con riff decisi e potenti, le vocals pulite lungo l'ennesimo arpeggio, il chorus melodico e il lungo bridge centrale dal sapore classix con l'assolo alla Maiden, il tutto velato di malinconia e disperazione allo stesso tempo, molto suggestivo, "
Profane Saviour" è l'altro pezzo da 90', più orientato al Prog ma ricco di atmosfera, cambi di tempo, riff classicheggianti e cori epici sul finale
Che altro dire, difficile esprimere a parole le sensazioni che trasmette questo lavoro, il consiglio che posso darvi è di isolarvi da tutto, mettere un buon paio di cuffie e lasciarvi trasportare dalla musica, non facile e non per tutti
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