Esiste una definizione medico/patologica per la continua e insaziabile ricerca di musica nuova ? Forse, non lo so, ma se conoscete la definizione, fatemela sapere, perché io ne sono affetto in maniera seria e continuativa da più di 30 anni … Essere malati non è mai bello perché comunque vada si soffre, per fortuna però, anche oggi, ho trovato un po’ di sollievo con un antidoto che si chiama
A Flock Named Murder, terzetto proveniente dall’Ontario, Canada, che qui ci propone il proprio debut album,
“An Appointed Time” , dopo il cambio di monicker (
Sovereign era certo più banale e meno “misterioso”). Cosa ci propongono i nostri amici non è facile da descrivere, anche se
“Ephemeral”, l’ep rilasciato a nome
Sovereign, è comunque un buon indizio … se non vogliamo cadere nella banale semplificazione di post qualche cosa (orami è tutto post, senza che nessuno sappia esattamente a cosa si alluda con il termine post) possiamo partire da una definizione: extreme progressive metal … troppo vaga come spiegazione, e allora dobbiamo provare a pensare ai migliori
Opeth, quelli dei primi 5 albums per intenderci (a voi poi l’ardua impresa di stilare una classifica) mixarli con gli
Agalloch e infine metterci un po’ di sana follia a la
Neurosis … Un incesto ardito ma non impossibile se ci pensate bene … e infatti ne sono venuti fuori cinque brani molto lunghi, ciascuno dalle mille sfaccettature e dai continui cambi d’umore, che da soli hanno un loro “significato compiuto”, ma nella complessità dell’album trovano l’incastro definitivo e il modo di esaltarsi ancor di più. I brani sono per lo più lenti, quasi doomish direi, con
“Submerge” a farla da padrone in fatto di lentezza, spesso si appoggiano su lunghi arpeggi e le ripartenze non sono per forza delle semplici sfuriate, ma più che altro assistiamo a degli splendidi “crescendo” che poi sfociano in brevi assalti. Ad arricchire ancor di più un sound già di per se pregno, ci pensano poi degli ottimi assoli come nell’opener
“Elusive Nature” o ancor di più in
“The Divide” che, lungi dall’essere dei semplici riempitivi, risultano essere dei veri plus nell’economia dei pezzi.
“An Appointed Time” è uno di quegli album che pur essendo tutt’altro che immediato, piace già dalla prima volta, ma ogni ulteriore ascolto è una rivelazione che ne accresce ancor di più il valore, sino a farlo amare alla follia. Lieta sorpresa.
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