"
Come d’autunno si levan le foglie, l’una appresso de l’altra, fin che ’l ramo vede a la terra tutte le sue spoglie, similemente il mal seme d’Adamo gittansi di quel lito ad una ad una, per cenni come augel per suo richiamo".
(Dante, Inferno, III, vv. 109-117)
L'immagine evocata dal Sommo Poeta è potentissima e non ha certo bisogno di spiegazioni: il nocchiero infernale Caronte batte con il suo remo le anime che s'attardano le quali si levano e paiono appunto foglie che d'autunno cadono senza scampo dai rami.
Non c'è alcun modo di eludere il ciclo naturale della vita che dopo il rigoglioso periodo primaverile ed estivo lentamente avvizzisce e muore nell'abbraccio autunnale. Lo sanno bene i
Dècembre Noir (sono tedeschi di Erfurt e non francesi nonostante il nome) che con il terzo album della loro ormai decennale carriera, "
Autumn Kings" (
Lifeforce Records), ne celebrano l'implacabile incedere e l'inevitabile trionfo.
Nelle otto tracce che compongono il disco la rabbia per la progressiva sparizione della luce (da brividi la voce declamante nella suite "
Hymn of Sorrow": "
Rage, rage against the dying of the light"), per l'oscurità che incombe e lentamente soffoca ogni cosa, per i cambiamenti che uomo e natura subiscono.
Ed è palese il riferimento (anche) alla vita umana ed al suo arco temporale.
I
Dècembre Noir con il loro melodic doom/death metal dilatano le composizioni fino a distillare 70 minuti di musica che è rimorso, sofferenza, rabbia e rassegnazione: partendo dall'opener "
In the Pouring Rain" introdotta da un violento acquazzone (che metaforicamente separa le stagioni) e da un decadente arpeggio di chitarra che poi esplode nel disperato growling del vocalist
Lars sino alla conclusiva "
The Downward Path" tratteggiano i mutamenti che tutto deve subire.
Certo, i Katatonia risuonano nelle linee quasi dissonanti delle chitarre in "
Autumn King" così come gli Swallow the Sun fanno capolino tra i rallentamenti e gli stacchi armonici di "
A Weeping Sunrise" o ancora gli Insomnium di "In the Halls of Awaiting" riecheggiano nella bellissima e disperata "
Dress.Code.Black", ma sono rimandi che non inficiano la bellezza delle composizioni dei nostri.
Ogni canzone cambia svariate volte umore e colori, tempi dilatati ed accelerazioni fulminee, utilizzando anche passaggi in clean ("
Barricades") per conferire ancora più pathos durante gli ascolti.
Ascolti che non possono essere che molteplici data la complessità e la quantità di sfumature presenti in ogni brano e difficilmente percepibili con un passaggio distratto nel lettore: ecco che allora si apprezza il delicato lavoro delle due asce in "
Between Silence and Shards" o il complesso lavoro del drummer
Kevin durante "
In the Pouring Rain" che nonostante appaia rallentata in realtà tocca picchi di inusitata violenza e velocità.
Si dice che il terzo lavoro di una band ne dichiari la grandezza: io non credo molto a questo mantra ma, senza tema di smentite, posso senza dubbio affermare che "
Autumn Kings" è un grande disco e che i
Dècembre Noir sono una band con le palle quadrate.
E che, ancora una volta, la musica più vera non si sviluppi nei circoli elitari dei soliti noti.
Autumn Kings - "
Dress.Code.Black"