Ceduti definitivamente i diritti europei dalla Massacre, che aveva licenziato il primo “Sacrifice”, alla Armageddon Music, ecco tornare i prodi Seventh One, il gruppo che secondo la Massacre avrebbe dovuto sostituire gli Hammerfall nell’elite del power metal europeo.
Dopo i deludenti risultati di critico e di pubblico ottenuti dallo scialbo debut album, i cinque scandinavi aggiustano un po’ il tiro con il nuovo “What Should Not Be”, prodotto dal sempre fido Lars Ratz dei Metalium che in effetti conferisce una produzione assolutamente brillante ed ariosa, tipica del gruppo tedesco. Niente di trascendentale, per carità, ma perlomeno, a differenza del predecessore, questo album si lascia ascoltare con piacere, risulta ottimamente suonato e, come accennato prima, con una produzione davvero esaltante.
I brani spaziano dalla galoppante “Eyes of the Nation”, rigorosamente posta in apertura di disco (ma evviva, finalmente un gruppo che rinuncia alla stucchevole intro), alla cadenzata e ritmata “How Many Years” che presenta buone linee vocali e melodie apprezzabili, stavolta messe bene in luce dal singer Rino Fredh che sembra decisamente migliorato e più a suo agio rispetto alla scarsa prova offerta due anni fa su “Sacrifice”, abile sia sui brani veloci che su quelli più lenti, con una buona alternanza fra toni hi-pitched ed un uso bilanciato della voce roca di cui è dotato. Certo, non possiamo parlare di una band “illuminata”, né di brani che si stamperanno a vita nella vostra mente e che saranno ricordati come una pietra miliare del power europeo, tuttavia il miglioramento c’è stato e ad oggi i Seventh One non sono più un gruppo pessimo ma una band onesta e dignitosa nel proporre la propria musica. Consigliati in particolar modo ai (pochi) fans dei Metalium, anche perché la produzione di Ratz fa di tutto per farceli assomigliare in maniera incredibile (sfido chiunque a non scambiare “Ancient Oath” per un brano di Basse e soci…), gli altri che non siano super aficionados del genere possono tranquillamente glissare.
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