Che personaggio questo Ray Wilson, poliedrico, pieno di idee e fantasioso! I più attenti di voi si ricorderanno di lui per la sua partecipazione in qualità di cantante nel disco (ahimè l'ultimo) dei Genesis risalente al 1996; Ray ha poi fatto parte degli indie-rocker Stiltskin, ha composto due album solisti (in vero non troppo validi) e oggi si ripresenta con la terza fatica autotitolata che lo vede sicuramente in crescita rispetto alle sue ultime produzioni. Ad essere sinceri questo disco non brilla certo per particolari pregi, ma dimostra come questo artista abbia deciso di comporre la musica che maggiormente si addice al suo spirito, intimista e riflessivo, in primis e poi alla sua voce calda ed espressiva; troviamo allora èchi dei Genesis più nell'attitudine che nello stile, scorgiamo una vena malinconica e posata che guarda alla vita non con gli occhi del ribelle, ma con quelli di chi ha imparato come vanno le cose e allora più che sfogarsi si limita a rimirare la il frenetico andamento del mondo, pacatamente. Arpeggi che si intrecciano ad assoli, schitarrate che si alternano a sapienti armonizzazioni creano sicuramente una bella atmosfera, ma..... c'è qualcosa che non quadra, come se il cerchio non fosse compiuto; e allora questo senso di incompiutezza pervade tutte le canzoni, buone o meno che siano, lasciando l'amaro in bocca. Probabilmente la brevità di queste (pregio in tante occasioni, ma non in questa) non riesce a ferne cogliere l'essenza e appena si comincia ad intravedere la luce.... finita, si passa alla seguente. Altro difetto è la somiglianza di molti brani che anche dopo svariati ascolti sembrano davvero troppo monocorde. Un lavoro che lascia dunque con un senso di incompiutezza e dispiace perchè c'è del talento in questo Ray Wilson e i mezzi tecnici certo non mancano; rimandato con il 6 rosso, come si fa nel caso di chi ha i mezzi e le capacità, ma non è riuscito a sfruttarle a dovere!
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