Onde del mare che si infrangono in un paesaggio atmosferico rarefatto... L'inizio non è male.
Ma è solo una breve intro. Poi inizia l'assalto degli
Embryonic Cells, band francese attiva da un sacco di anni e pochi full-length realizzati sparsi in un lungo arco di tempo.
Un gruppo che opera in una dimensione temporale così dilatata ha certo la possibilità di assorbire, digerire e trasmettere diverse influenze. Oppure guardare con ostinata nostalgia a quello che è stato il symphonic black metal di vent'anni fa. E cancellare con un colpo di spugna tutti gli anni trascorsi.
I riferimenti sono chiari e anche dichiarati apertamente, primi
Dimmu Borgir, Satyricon e Immortal, con l'intento di ricreare le atmosfere intense, fatali e violente del black metal delle origini.
E in effetti già dall'ascolto del primo brano di Horizon,
Don't Serve your King, si evince che la band si muove pedissequamente su una strada già tracciata da tempo, con un brano dalle tonalità rabbiose ed evocative ed un importante supporto atmosferico delle tastiere. Apporto evidente anche nel brano successivo,
Carved in my Skin, dove alle parti più dirette e veloci si affiancano sontuose tastiere cerimoniali. In
Never let you Fall si alternano partiture death/thrash a segmenti spiccatamente epici.
Across the Mountains riesce ancora a regalare qualche emozione per le belle melodie malinconiche strutturate su una base aggressiva e potente.
Poi qualcosa inizia a vacillare.
A questo punto la sensazione di qualcosa di sentito e risentito si fa pungente, e l'ascolto procede con un interesse che scema progressivamente. Alla qual cosa si aggiunge l'aggravante che negli ultimi tre brani la band vaga e spazia in varie declinazioni come in crisi di identità. Oltretutto il singer Max sembra sperimentare nei vari brani diverse timbriche come se non avesse ancora trovato la sua veste ottimale.
In ogni caso, anche se non si distinguono per grandi particolarismi, per il songwriting o per uno straordinario lavoro alle chitarre, i brani non sono mal costruiti, e scorrono in modo lineare senza troppo annoiare e senza troppo entusiasmare.
Sufficiente, niente più ma già dimenticato.
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