Nati nel lontano 1998 in una cittadina svedese dal nome impronunciabile - Örnsköldsvik - i
Meadows End hanno al loro attivo solamente tre dischi compreso "
Sojourn", l'album di cui vi parlerò in queste righe.
Non inizierò nemmeno il discorso -che ci porterebbe lontano- sul perchè due dischi come gli ottimi "
Ode to Quietus" e "
The Sufferwell" siano passati praticamente inosservati al di fuori dei circuiti underground nei quali i nostri si sono comunque conquistati una certa rispettabile nomea.
"
Sojourn" viene pubblicato per la prima volta nel 2016 e ristampato grazie alla
Black Lion Records nel 2018, è composto da tracce scritte tra il 1999 ed il 2006 non inserite nei precedenti lavori ma giudicate troppo buone per essere gettate via; in sostanza potrebbe essere visto come una raccolta ma, come vedremo, c'è molto di più al suo interno che brani "di scarto".
Il genere proposto dal combo capitanato da
Mats Helli e
Jan Dahlberg (i membri fondatori rimasti) è death melodico scandinavo fortemente contaminato da elementi sinfonici e cori epici, condito da influenze di band quali Wolfheart, Wintersun, Amon Amarth e Nightwish.
Quello che però contraddistingue i
Meadows End è un uso disinvolto e quasi spregiudicato -per i canoni rigidi del metal estremo- di tastiere e synth che, sebbene a volte conferiscano fin troppa pomposità ai brani, non pregiudicano l'ottima resa finale ed anzi garantiscono una certa freschezza compositiva che manca in lavori più blasonati.
Un'altra dimostrazione di come la band non abbia paura di osare e di spingersi in avanti sono gli assoli di violino ed archi all'interno del brano "
Heathen's Embrace", uno dei migliori dell'intero disco.
Vi sono anche dei problemi però, specialmente nella prima metà dell'album: i suoni risultano maledettamente compressi con le tastiere e la batteria che dilagano ed impediscono alle altre parti di emergere davvero e le confinano in strati profondi dei pezzi; ed è un peccato perchè ottime tracks come l'opener "
Amidst the Villains" o "
Soulslain" avrebbero tutto per essere delle hits vere e proprie.
Le cose migliorano nella seconda parte di "
Sojourn" grazie ad un riffing più serrato e solido ed alla presenza di assoli di qualità sopraffina come in "
Clench the Feet of Fools" ed in "
My Leading Command".
Probabilmente questo andamento altalenante è la prova di come i brani non siano il frutto di un unico flusso creativo ma siano stati composti nell'arco di quasi 10 anni presentando le inevitabili differenze di stile.
Queste piccole pecche non inficiano certo il risultato finale che, per quanto mi riguarda, porta una ventata d'aria frizzante in un genere che a volte appare cristallizzato e ripiegato su se stesso, troppo orgoglioso delle proprie origini per non guardare con sospetto ogni novità.
Ma se il nuovo vola sulle irresistibili melodie dei
Meadows End sarebbe un delitto non accoglierlo.
Meadows End - "
My Leading Command"
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