George Santayana, filosofo spagnolo appartenente alla corrente del realismo critico, ebbe ad affermare che “
la musica è essenzialmente inutile, come la vita”.
Un metallaro cinico e disilluso come il sottoscritto potrebbe anche arrivare a trovarsi d’accordo con la seconda parte dell’assunto… ma la musica no, santi numi, la musica non è affatto inutile!
Così credevo, almeno, sinché non mi sono imbattuto nel
platter quest’oggi in esame.
Ok, ok, sussistono attenuanti generiche: in fondo parliamo di un mero
cd bonus d’appoggio alla
Tour Edition del bellissimo “
Kulkija”, decimo
full length dei
Korpiklaani.
Ciò concesso, presumo non possa comunque sfuggire a nessuno l’inarrivabile grado di follia che alberga nell’idea di confezionare un dischetto composto da 14 (quattordici!) rielaborazioni del medesimo brano.
Altra attenuante: il pezzo in questione è “
Beer Beer”, senza dubbio tra i più trascinanti e rappresentativi della compagine finnica.
Concessa anche questa; purtuttavia, ho motivo di ritenere che nemmeno il fascino di una “
Child in Time” o di una “
Hallowed be Thy Name” rimarrebbe intatto una volta giunti all’ascolto della quattordicesima versione consecutiva.
Cos’altro aggiungere?
La canzone la conoscerete più o meno tutti, ragion per cui mi limito ad enunciare le
cover a mio avviso più convincenti:
- la
deutsche version con la voce di
Gerre non dispiace, anche per un discorso di contiguità tematica coi
Tankard;
-
Christopher Bowes e la sua
keytar sono riusciti a trasformare anche questo pezzo in un inno piratesco alla
Alestorm, e non avevamo dubbi a riguardo;
- la reinterpretazione dei
Nytt Land possiede una certa dose di fascino, non foss’altro per il lodevole sforzo di personalizzazione in sede di arrangiamento e ritmo.
Ecco quelle, al contrario, meno riuscite:
- i
Trollfest hanno donato al pezzo un sapore ancor più “sciocchino”, e non era impresa semplice;
- irritante la prova vocale di
Meri degli
Irij (ammetto, peraltro, di non conoscere né lei né la band, e non credo approfondirò nell’immediato futuro);
- il timbro nasale ed abrasivo di
Zetro Souza si amalgama col brano più o meno quanto potrebbe fare
Kunta Kinte ad un
meeting del
Ku Klux Klan;
- premio futilità alla
take di
Vesku dei
Klamydia, che nulla aggiunge e nulla toglie, più o meno come la rielaborazione (?) di
Jesper dei
Turisas.
Elencazioni, in ogni caso, piuttosto sterili e fini a sé stesse, posto che si discute pur sempre dello stesso brano e di versioni troppo spesso identiche a livello strumentale.
Ma d’altra parte cosa pretendete? Se musica e vita sono inutili, figuratevi un po’ la mia recensione di un disco inutile…
Vado a bermi un bicchiere di lambrusco.
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