Il cammino dei
Pulchra Morte e del sottoscritto si era incrociato per la prima volta solamente qualche mese fa in occasione del 7'' "Soulstench" con cui la band americana anticipava l'uscita del debutto
"Divina Autem Et Aniles" oggetto di questa recensione, e fin da subito il gruppo è finito sotto l'occhio vigile ed attento del Cory-radar. A distanza di pochi mesi e dopo accurati ascolti di questo lavoro d'esordio, il mio giudizio sulla band non può che essere confermato se non addrittura migliorare dal momento che "Divina Autem Et Aniles" si segnala come un'uscita davvero ispirata e fortemente debitrice della scena death metal inglese di primi anni 90 che vede in formazioni come
Paradise Lost ed
Anathema i propri capisaldi. Il death metal dei Pulchra Morte infatti si segnala per la sua vena decadente ed oscura, abbellita da una componente melodica malinconica che mette in luce il grande lavoro di armonizzazione delle chitarre di Jeffrey Breden e Jarrett Pritchard, capaci anche di assoli di grande bellezza. La band inoltre sfrutta strumenti musicali inusuali come violini o anche l'apporto della voce femminile per dare un tono ancor più triste ed oscuro ai pezzi, facendo fare un ulteriore salto di qualità al songwriting. Rimanere impassibili ascoltando brani come "Soulstench", "Fire And Storm", "Give No More" o "Reflection Of A Drowning Sun" è davvero impossibile tanto è l'ispirazione che i pezzi trasudano, supportati da una produzione ottima e potente ma mai artificiosa.
Per quel che mi riguarda, "Divina Autem Et Aniles" è la conferma della qualità dei Pulchra Morte ed è un disco che dovrebbe fare la felicità di tutti gli amanti di questo tipo di death metal.
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