È mia ferma convinzione che le “cose” più terrificanti al mondo siano le vecchie bambole di porcellana e le mantidi religiose. In tanti, tuttavia, confuterebbero la mia tesi suggerendo piuttosto, quale epitome dell’orrore, la figura del clown, che addirittura ha dato vita ad un neologismo: “clownophobia” (coulrofobia dalle nostre parti).
Posso concedere agli esponenti di tale tesi che “mantidereligiosofobia” o “vecchiebambolediporcellanofobia” non suonino altrettanto bene…
Facezie a parte, la paura ingenerata dalle figure circensi per eccellenza ha saputo ispirare scritti (il capolavoro “
It” di
Stephen King su tutti) e pellicole (cito
ex multis, oltre alla doppia rielaborazione dello stesso “
It”, “
Clown” di
Eli Roth, la quarta stagione di “
American Horror Story”, “
La Casa dei 1000 Corpi” e “
31” di
Rob Zombie, oltre al buon “
Stitches” del 2012).
E la musica?
Di certo ho perso qualcosa per strada, ma a memoria mi sovvengono un buon pezzo dei
Lordi (“
Hell Sent in the Clowns” da “
Scare Force One”), qualche riferimento nel disco “
Paris Spleen” degli
Ataraxia, “
Frozen Circus” degli
Eternal Deformity, gli svedesi
Taketh col loro “
Freakshow” e poco altro…
Da oggi andrà aggiunto al novero un ulteriore
album incentrato sui nostri amici (?) con faccia pitturata e sorriso triste: ci pensano i francesi
Pensées Nocturnes a catapultarci in un grottesco immaginario circense di fine ‘800.
I Nostri -anzi: il Nostro, trattadosi di
one man band- da sempre si baloccano con un immaginario ostentatamente teatrale, ma a questo giro hanno deciso di esagerare, cimentandosi in un
concept dai toni surreali e grandguignoleschi (come, peraltro, suggerito dallo stesso titolo).
L’
avantgarde della creatura parigina non pecca certo di originalità o volontà di osare; semmai, a “
Grand Guignol Orchestra” va ascritto il difetto di piacersi troppo, indugiando così eccessivamente in soluzioni strambe, dissonanze stridenti e
vocals lunatiche che tendono a somigliarsi l’un l’altra.
Si tratta di un difetto che, almeno mio avviso, affligge la compagine transalpina sin dagli esordi, ma che a questo turno conduce ad una eccessiva autoreferenzialità.
La formula consistente nell’iniettare dosi di
black metal e del
jazz più caliginoso in partiture ed arrangiamenti propri della musica circense e dell’avanspettacolo, di per sé, affascina e convince (penso, ad esempio, al manifesto programmatico “
Deux Bals dans la Tête” ed alla schizofrenica “
Les Valseuses”). Tuttavia, la reiterazione quasi dogmatica del medesimo
modus operandi tende, alla lunga, ad appesantire l’ascolto.
Ciò accade soprattutto allorquando il
songwriting s’inceppa, (il paludoso rallentamento centrale di “
Alpha Mal”, la strascicata “
Comptine à Boire”); al tempo stesso, ritengo si tratti perlopiù di un problema di digeribilità complessiva del
platter –non aiutata dall’esclusivo utilizzo dell’idioma francese, che io comprendo alla perfezione (?) ma che per altri costituirà ulteriore ostacolo alla fruizione-. Digeribilità che ho trovato piuttosto ardua, pur ritenendomi un amante delle soluzioni stravaganti e delle sonorità più anticonformiste.
“
Grand Guignol Orchestra” rimane comunque un’opera tanto imperfetta quanto intricata, densa e dotata di una decadente aura di
grandeur; parimenti, i
Pensées Nocturnes si confermano compagine valida e coraggiosa, benché forse meno geniale di quanto non creda il suo istrionico
mastermind Vaerohn.
I meno ortodossi, purché non soffrano di coulrofobia, concedano pure una
chance.