Copertina 6

Info

Anno di uscita:2019
Durata:44 min.
Etichetta:Punishment 18 Records

Tracklist

  1. THE PARADOX
  2. REBORN
  3. TIME HAS COME
  4. HEAR ME OUT
  5. BLUE
  6. SUSPENDED
  7. LIKE A BUTTERFLY
  8. THE PROMISE
  9. REFLECTIONS IN THE MIRROR
  10. THE CAGE
  11. WOUNDED
  12. ENDING
  13. TIME HAS COME (FT. GREG BISSONETTE)

Line up

  • Michele Guaitoli: vocals
  • Marco Cardona: guitars
  • Alessandro Galliera: guitars
  • Giorgio Terenziani: bass
  • Paolo Crimi: drums

Voto medio utenti

Cito testualmente da “Wikipedia”: “Il paradosso della nave di Teseo esprime la questione metafisica dell'effettiva persistenza dell'identità originaria, per un'entità le cui parti cambiano nel tempo; in altre parole, se un tutto unico rimane davvero se stesso (oppure no) dopo che, col passare del tempo, tutti i suoi pezzi componenti sono cambiati (con altri uguali o simili).”
Vediamo di capire meglio questo concetto addentrandoci nello specifico in questo nuovo progetto denominato per l’appunto “SHIP OF THESEUS” ideato dal chitarrista italiano Marco Cardona che, dopo aver spaziato all’interno di diversi sottogeneri, dal folk al melodic-death, al gothic, con bands del calibro di Krampus e Tystnaden, evidentemente avvertiva la necessità di sperimentare nuove sonorità, considerando che per questa avventura si circonda di musicisti di estrazione prog-power-trash come il bassista Giorgio Terenziani degli Arthemis, il vocalist Michele Guaitoli (già singer di Overtures, Temperance, Visions Of Atlantis e Kaledon) e, per concludere, l’ex drummer degli Extrema Paolo Crimi.
Il disco intitolato, non a caso, “The Paradox” si apre con la title-track che, altro non è che una brevissima intro, per poi partire davvero con la successiva “Reborn”, brano orecchiabile senza infamia e senza lode. Si prosegue poi con “Time Has Come” (che verrà riproposta in chiusura del disco con Greg Bissonette alla batteria come special guest) che ricorda vagamente alcuni lavori dei brasiliani Almah di Edu Falaschi ed è indubbiamente un pezzo convincente, merito soprattutto delle sue piacevoli ed armoniche melodie, le stesse che si possono riscontrare anche nella quarta traccia “Hear Me Out” e che consentono di far presa sull’ascoltatore. Con la successiva “Blue” tuttavia l’atmosfera si trasforma radicalmente facendosi più cupa, i riffs di chitarra si appesantiscono notevolmente richiamando chiaramente i migliori lavori dei Nevermore, stesso discorso anche per “Suspended” e “Like A Butterfly”, pezzi drammatici che, si reggono, più che sui virtuosismi dei singoli musicisti, sull’intensità emotiva creata dalle linee melodiche che rimangono cupe e tiratissime, non c’è più traccia ora dell’orecchiabile spensieratezza dei brani iniziali.
Dopo “The Promise”, una ballad abbastanza scontata che non convince, è la volta di “Reflections In The Mirror”, forse l’apice della tensione espressa da quest’album, i riffs di chitarra sono chiaramente di matrice trash cosi come la sezione ritmica che è solidissima lungo l’intera traccia. Prima dell’outro “Ending” si passa da “The Cage”, ennesimo pezzo potente con i soliti richiami ai Nevermore ma stavolta con una tastiera che sembra dare maggior respiro un sound che rimane serratissimo al limite della claustrofobia, mentre nella successiva “Wounded”, si prosegue con un prog assai feroce ma stavolta più simile ai Dream Theater più aggressivi (quelli di “The Glass Prison” o di “Train Of Thought” per intenderci).
Insomma, l’album si fa ascoltare con piacere e curiosità al tempo stesso, la proposta musicale di Cardona e soci che va comunque apprezzata per il coraggio, è quella di un metal moderno sia nelle linee vocali (Guaitoli si dimostra per l’ennesima volta un singer assai dotato e molto versatile) sia nelle atmosfere che si respirano all’interno dei singoli brani, la cui intensità emotiva è fondamentale, più dei virtuosismi dei singoli, per creare quel pathos necessario per colpire e coinvolgere l’ascoltatore, tuttavia le tecniche adottate per raggiungere questo obiettivo si ispirano chiaramente alla tradizione e le influenze delle bands che hanno reso grande il genere sono vivissime; è esattamente questo il concetto del “paradosso della nave di Teseo” di cui si parlava all’inizio: tentare di mantenere l’identità originaria del genere, cercando tuttavia nel contempo di ammodernare le parti che il tempo ha reso ormai obsolete. Certo, la questione tuttavia rimane aperta: la natura dell'elemento originario è rimasta davvero la stessa, oppure è stata snaturata? Ad ognuno di noi e di voi l'ardua sentenza...

Recensione a cura di Ettore Familiari

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