Oggi nevica, clima ideale per recensire un disco di vecchia scuola black metal.
Ma questo album proviene da uno stato che nessuno, o per lo meno pochi, crederebbero come fucina di formazioni di tal genere estremo.
Perché, udite udite, questo album proviene dall’Argentina; si, avete capito bene, il trio è al secondo disco e sforna un album nel solco della tradizione più oscura, ossianica e non priva di una certa melodia.
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Nostalgia de luz muerta”, ci apre le porte oscure con uno scream acido e chitarre gelide e blast beats.
Una voce pulita salmodiante ci prepara all’aggressione dello screaming e al riffing dal taglio epic/black metal; i tempi sono cadenzati ma con sfuriate dal taglio estremo e selvaggio con una coda finale che è atmosfera oscura pura e profuma di seventies per certi versi.
La titletrack è un mid tempo sorretto da riffing minimali ma con melodie di taglio oscuro e il cantato in lingua madre rende ancora tutto più affascinante sia in toni puliti che scream.
C’è un vago profumo di primi Rotting Christ per saper alternare tempi più veloci e selvaggi a parti più cadenzate ma con una melodia di fondo.
La produzione è volutamente un po’ sporca per dare ancora più climax al disco e ci sono anche delle tastiere a dar manforte ai nostri.
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La sofocante cualidad migratori”, è un brano cadenzato, con riffing che intrecciano trame melodiche oscure e il basso ben presente.
Lo screaming è acido e alto; ci sono anche cambi di tempo in accelerazione brevi ma che spezzano la lenta marcia funerea.
C’è da dire che il terzetto argentino con semplicità sa creare delle atmosfere oscure, melodiche e morbose.
La conclusiva “
Adictos a la ilusion de ser”, è un attacco a testa bassa veloce, selvaggio con riffing nerissimi e freddi.
Lo screaming è alto e doloroso e concorre a rendere ancora più selvaggio il tutto; ci sono anche cambi di tempo più ragionati e parti atmosferiche dove riff melodici e voce salmodiante sembrano celebrare un culto mortifero e senza speranza.
Un disco che non sarà di certo innovativo, ma bisogna dare a Cesare quello che è di Cesare, perché il trio sa evocare atmosfere oscure, maligne ma non prive di una certa melodia antica.
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