Quando ho saputo che avrei dovuto recensire un gruppo Grunge-Punk ho temuto il peggio, tipo un manipolo di ragazzini nati dall’unione tra
Avril Lavigne ed il cantante dei Nickelback, vestiti con camicie in flanella ma pettinati come fotomodelli.
E invece.
I
Wolves in Argyle sono quattro brutti ceffi fieramente inattuali, escono tutti da diversi percorsi nel rock alternativo californiano e fanno un genere che nel 2019 semplicemente non ha senso di esistere, ma per fortuna lo fanno lo stesso. In effetti il loro disco sembra essere uscito da qualche scantinato di inizio anni ’90, dagli albori della scena di Seattle in cui si provava ad andare oltre al punk ed al metal: potrebbero essere l’album che un vostro cugino di qualche anno più grande di voi vi ha passato su di una cassetta ricoperta di scritte a pennarello.
“Dangereux” è un disco onesto, grezzo al punto giusto, mai scontato. Ogni brano è basato su di un riff piuttosto semplice, fatto per piantarsi in testa man mano che la canzone va avanti ed il gruppo ci ricama sopra, grazie ad una sezione ritmica implacabile, chitarre in fiamme ed un cantato che sa di asfalto. La produzione di
Jack Endino (già al lavoro su
“Bleach” dei Nirvana, non a caso) e
Tad Doyle (TAD) valorizza l’energia di ogni pezzo in modo egregio, tanto che diventa quasi difficile trovarne uno più debole degli altri.
Un disco da non farsi sfuggire, sicuramente una delle scoperte più interessanti degli ultimi tempi.
Recensione a cura di Francesco "Lucio" Lucenti
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