Terzo salto di qualità per questa gruppo danese originario di Copenhagen, terza etichetta e debutto con la gloriosa
Svart Records.
Ma soprattutto terza prova, ovvero questa è la fatidica prova regina; il terzo album è fondamentale per capire se una band riesce a camminare con le sue gambe.
Posso dire che la prova è ampiamente superata; se la band ha coinvolto un certo
Flemming Rasmussen ( chi non sa chi sia, è pregato di mettersi dietro la lavagna) un perché ci deve essere.
L’opener “
Rumors” è inquietante, da colonna sonora horror; una breve strumentale che apre il disco con pochi tocchi di piano dissonante, batteria e riff di chitarra, dove tutto fa presagire oscurità e profumo di zolfo.
“
Night is yours”, grande apertura settantiana con questo brano dalle tinte hard rock che per certi versi richiamano i gloriosi
Blue Oyster Cult.
Rispetto al gruppo di
Sandy Pearlman e
Eric Bloom i danesi hanno un mood più dark, basta sentire il singer e l’uso delle tastiere che richiamano atmosfere dense di brivido.
Grande brano che rapisce dopo il primo ascolto per l’uso della melodia ma soprattutto per la qualità dei nostri.
“
A flaming of the sea”, sembra richiamare atmosfere care a certo goth rock anni 80 ma rielaborato in ottica più “dura” non perdendo un’oncia di oscurità.
Un brano che è sorretto da un up tempo e chitarre trascinanti e il singer è la carta in più che la band gioca a favore.
“
Labyrinth”, è una composizione evocativa, sacrale e oscura; pezzo acustico sorretto da un riff, brevi percussioni e voci pulite solenni che sembrano celebrare l’oscurità perenne.
Tutto in questo brano ha un’atmosfera darkeggiante; la melodia della chitarra richiama il riff portante del secondo brano come a far intendere un collegamento che pervade l’intero lavoro.
“
Strange eggs”, è un brano dalle atmosfere fosche e doom; qui non abbiamo chitarroni grossi e riverberi, ma un andamento lento, disperato e senza speranza che può essere ricondotto certamente al genere principe.
Brano cadenzato che ha un’atmosfera settantiana molto presente nelle melodie di chitarra; grande il solo in armonizzazione hard rock che si spegne in un climax emotivo lugubre dalle tinte horror.
“
Mercury and sulphur”, chiude il disco degnamente; brano evocativo sorretto dalla voce profonda del singer su un andamento cadenzato ricco di atmosfera.
I riff minimali e i tempi di batteria sanno richiamare sensazioni antiche e arcane; le melodie aperte nel ritornello e il riffing profumano di seventies sotto la luce perversa dell’oscurità che si stemperano brevemente in una parentesi acustica per poi battere con più vigore.
Un disco semplicemente favoloso; anche se dura solo otto brani, le composizioni sono intense e atmosferiche.
Un disco da assaporare nella luce notturna al fioco bagliore di una candela.
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