Dopo essermi felicemente imbattuto lo scorso anno con l’ottimo demo
“Calcified trophies of violence”, le mie aspettative nei confronti del debutto degli statunitensi
Ossuarium sono cresciute nel corso degli ultimi mesi.
La band dell’Oregon, pur senza stravolgere un genere da anni codificato, è riuscita con una manciata di brani a farsi notare per un death/doom di alta fattura riuscendo a far convivere con equilibrio gli elementi sepolcrali caratteristici di queste sonorità ad inserti più atmosferici/melodici.
Chi già frequenta questi lidi, in
“Living tomb” potrà trovare agilmente riferimenti ai colossi
Asphyx ed
Autopsy, ma anche una certa attinenza con quanto edito da solidi acts come D
isembowelment, Mournful Congregation. Attenzione però: attinenza, non rapida scopiazzatura.
Ciò deve esser chiaro fin dall’inizio, perché gli
Ossuarium, a dispetto di una esistenza come band davvero breve, hanno solide basi su cui costruire la propria struttura musicale. Una “conoscenza della materia” - se vogliamo utilizzare una terminologia scolastica – che gli permette di esprimere le proprie idee.
“Living tomb” è un disco quadrato e bilanciato, ma allo stesso tempo sinistro e malevolo forte di una registrazione puntuale e precisa (si riescono a sentire distintamente le linee di basso di
Jeff Roman, i ricordi vanno immediatamente alla registrazione di
“Severed survival” e al grande
Steve DiGiorgio) che non distorce né impasta i suoni e che ne enfatizza i riverberi.
Come detto sopra non mancano gli inserti melodici, molto “swedish”, all’interno dell’album: in particolare la terza traccia,
“Corrosive hallucinations” – uno dei momenti migliori del disco – e
“End of life dreams and visions pt. 2” (n.d.r.: la tonalità delle chitarre e l’atmosfera ricreata mi ha ricordato qualcosa degli
Hypocrisy prima maniera…scherzi della senilità incombente?) che chiude alla grande coi suoi riff ipnotici.
Gli
Ossuarium appartengono di diritto a quella categoria di band che non hanno bisogno di premere a fondo sull’acceleratore per farsi notare, dimostrando una volta di più che quando atmosfera e abilità si incontrano il risultato può essere solo un grande disco.
Acquisto obbligato del 2019.
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