Sebbene siano greci e suonino Black Metal, gli
Akrotheism sono, musicalmente, molto distanti da Rotting Christ e Varathron ed in generale dal tipico suono della scena alla quale appartengono.
Piuttosto il gruppo predilige un approccio cervellotico alla materia nera che spesso sfocia in derive death metal dal taglio ieratico ed in qualche modo contorto, caratteristiche che avvicinano
"Law of Seven Deaths", secondo album dei Nostri, alla proposta di gente come
Esoctrilihum o Svartidauði, quindi ad un suono "moderno", tutt'altro che lineare o diretto, e, soprattutto, dannatamente inquietante.
Non vi nascondo che all'inizio l'album non mi era piaciuto.
Mi sembrava troppo confuso e caotico.
I ripetuti ascolti, invece, me ne hanno svelato il valore mettendomi di fronte ad un'opera nera, che esala zolfo da ogni nota e che atterrisce per la meticolosità con la quale riesce ad essere distruttiva e malvagia.
"Law of Seven Deaths" è un lavoro fuori dal comune: magmatico, non scevro da melodie (sempre arcane e misteriose, a volte ai limiti del rituale), furioso e possente, in bilico tra micidiali velocità assassine e rallentamenti cimiteriali come tra atmosfere monastiche e gelidi intarsi di chitarra, il tutto, sempre e costantemente, avvolto da un malsano alone di oscurità che, come ricordavo più in alto, risulta inquietante e oggettivamente "pericoloso".
Mi capita raramente di essere toccato così profondamente come accaduto con gli
Akrotheism poiché la forza suggestiva che sprigiona dalla loro musica non è "cosa" comune e, proprio per questo, essa deve essere custodita gelosamente ed apprezzata con calma e giusta predisposizione mentale al fine di entrare in perfetta sintonia con una proposta dall'alto valore artistico e dallo spaventoso ghigno catartico.
Senza ombra di dubbio uno dei migliori lavori del 2019.
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