Chitarre grasse e pastose ci introducono al primo brano di "
Everything Comes To An End", opera prima dei pisani
Madvice, alle prese con un death metal piuttosto inusuale e personale, con alcuni elementi che sembrano stridere tra di loro: non si tratta del "classico" melodic death metal di matrice scandinava, eppure di melodie ce ne sono molte; è pieno zeppo di groove e riff rotondi di panteriana memoria ma non è assolutamente inquadrabile in quel tipo di sonorità; la voce a dir poco caustica rimanda senza alcun dubbio al panorama black metal (ma è l'unico punto in comune) ed un po' al vecchio
Jeff Walker dei
Carcass. Insomma, ci troviamo di fronte a dei
The Haunted messi a bagnomaria con i vecchi
In Flames che sono stati chiusi in studio per un mese e forzati ad usare un cantante in scream... Forse sulle prime sembra una commistione un po' bislacca, ed in effetti qualcosa stride e non bastano ripetuti ascolti a far scivolare tutto via liscio come l'olio, ma è da apprezzare il tentativo della band di mettere su qualcosa di particolare e "proprietario", peraltro con un approccio più che professionale e maturo.
In effetti i Madvice nascono da una costola dei napoletani
Nameless Crime, già recensiti su queste pagine più volte e sempre positivamente, nella presenza di
Maddalena Bellini e
Raffaele Lanzuise, rispettivamente chitarrista e bassista di quella band, ed oggi affiancati appunto dai pisani
Asator al microfono e
Marco Moretti alla batteria, quindi di certo non parliamo di una formazione alle prime armi, nemmeno per quanto riguarda la produzione ed i suoni di questo "Everything Comes To An End", che può godere dell'esperienza e della qualità dei rinomati
Zenith Studios di Lucca di
Frank Andiver.
Tra i brani meglio riusciti citiamo in particolare "
The Gate", che spazia da blastbeats di scuola black ad una piacevole intromissione di vocals femminili, e la successiva "
Nothingness" che invece stupisce per le vocazioni progressive (vocabolo questo da leggersi in lingua italiana) applicato in campo thrash metal old style, per un risultato a dir poco soddisfacente: da segnalare la cover, anch'essa ben realizzata, della hit anni '80 dei
Tears for Fears "
Everybody Wants to Rule the World".
Coraggio, carisma, competenza: 3C (no, il culo non c'entra) per un disco effettivamente ben realizzato, che piacerà in maniera particolare a chi apprezza groove in gran quantità e melodia - senza mai eccedere - in partiture estreme. Da seguire.
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