Dopo un (secondo) album acustico,
“Evocation II: Pantheon”, gli
Eluveitie tornano nel 2019 con un album assolutamente elettrico, ma ovviamente con gli elementi Folk che li hanno sempre caratterizzati, fin dal debutto
“Spirit” del 2006.
Mi sento di fare un paragone con i prossimi compagni di tour, i
Lacuna Coil di
Cristina Scabbia & Friends, in particolare trovo che abbiano diversi elementi in comune, oltre alla -ormai trita e ritrita- alternanza tra una voce maschile/growl e una voce femminile, mettendo quando saggiamente, quando con una banalità imbarazzante, più in risalto l’una rispetto all’altra. Un’altro forte elemento in comune che ho notato è l’utilizzo, in alcune, parti di musica elettronica, quasi fastidiose, in diverse canzoni (“
Deathwalker” in particolare).
Ma ora basta fare inutili confronti, com’è questo “
Ategnatos”?
Bello, mi è piaciuto, non un capolavoro, ma sicuramente un disco degno di nota e di un ascolto.
Però è anche vero che questo album era un po’ un salto nel buio per gli
Eluveitie, principalmente a causa degli innumerevoli cambi di formazione avvenuti nel 2016/17, ben 5/9 dei membri sono cambiati, rispettivamente batteria, chitarra, hurdy gurdy (un bizzarro strumento folkloristico), cornamusa/whitles/chitarra acustica/mandolino e la voce femminile. Perché faccio questa premessa, nonostante tutti abbiano già registrato il precedente “
Evocation ll”? Perchè è un dannato (e per me noiosissimo) disco acustico, di conseguenza l’approccio al songwriting è estremamente diverso (attenzione l’approccio, alcune canzoni sono anche simili nella melodia).
L’album con la Title-track parte, parte un po’ in sordina con questa profonda e cavernosa voce che dice qualcosa (come tutta la canzone, stranamente in inglese, di solito gli
Eluveitie cantano in Gaelico. Cosa che fanno nella maggior parte delle canzoni, ma questo era anche il singolo di lancio...). Con un po’ di ritardo veniamo travolti da un’ondata di pomposità e epicità tale che dopo due minuti te la senti di andare a correre a petto nudo nella tundra ghiacciata, ma ci piace. Piccolo stacco strumentale/acustico di pochi secondi e una bella dimostrazione del termine Folk-Metal ci viene proposta con un bell’intreccio tra la chitarra di
Rafael Salzamann e quello che credo sia la cornamusa dell’italianissimo
Matteo Sisti, questo è l’inizo della già citata
“Deathwalker” .
Una canzone che ti rimane pericolosamente in testa è
“The Raven Hill”, con il suo ritornello “paesano”, che in qualche modo “giustifica” la copertina.
Passando per episodi poco memorabili (ma assolutamente non brutti) arriviamo alle conclusive
“Rebirth” e
“Eclipse”, canzoni bellissime, al limite del il trascendentale, ricche di una (di questi tempi) rara dinamica.
Consiglio questo album? Beh, se proprio il Folk/”death” non vi piace c’è ben poco da fare, vorrete solo usare il cd come sottobicchiere, se anche questa copertina non vi piace vi conviene allora sotterrarlo, però se invece considerate
“Helvetios” un capolavoro assoluto del genere, anche questo
“Ategnatos” vi piacerà molto.
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