Tre, é il numero perfetto; impossibile sbagliare quando hai a che fare con tre calibri che hanno contribuito alla storia del metal estremo.
Quando ti trovi davanti un supergruppo, nonché tre grandi musicisti che hanno letteralmente scolpito nella pietra i loro nomi nel mausoleo del metal più nero, violento e intransigente bisogna inchinarsi.
I nostri, uniscono le loro forze in questa nuova e devastante creatura; ovvero tre signori che rispondono al nome di:
David Vincent,
Rune Eriksen e
Flo Mounier; servono spiegazioni?
L’opener e titletrack ci apre le porte con un riffing dissonante e debitore del metallo nero norvegese, per poi attaccare con una devastante tellurica doppia cassa.
Il brano alterna un death metal di taglio moderno cadenzato con progressioni più telluriche, il growl maligno e possente del buon
Vincent é una garanzia.
“
Praevalidus”, attacca ad alzo zero con un blast beats con riffing marcissimi di scuola death metal.
Il trio è compatto nel devastare il più possibile con una formula estrema; il chorus é cadenzato e questa alternanza tra strutture tecniche, cambi di tempo in blast beats e riffing di scuola death metal sono una goduria e con un solo di grande scuola floridiana.
“
Monilith”, é come il titolo del brano preso in esame, un monolite possente, nero e maligno.
Grande prova tecnica che fa della pesantezza, malignità nel riffing e nel growl un marchio di fabbrica.
Non serve per forza pestare sull’accelleratore, a volte basta devastare con lenta, letale marcia death metal; sul finale un blast beats imperioso conclude il brano.
Nel brano “
Last one alive win nothing”, si viene catapultati in un’atmosfera maligna, dove il riffing di
Eriksen risente della scuola di provenienza anche se con un sapore death; il drumming è vario, cadenzato e potente e del buon
Vincent non si può dire che non sappia offrire una performance maligna e aggressiva.
Invece “
Diabolus est sanguis” viene aperta da un assalto senza pietà e compromessi; marcia velocissima e riffing serrati e maligni.
Il growl é intelleggibile, la batteria di
Flo Mounier é un panzer con rullate, grande uso della doppia cassa e sfuriate serrate sulle quali s’inerpica il riffing malsano del chitarrista nordico.
All’interno c’é anche un breve intermezzo che ha un sapore epicheggiante ma virato all’estremo con i vocalizzi puliti del singer americano.
Un disco che farà la felicità di molti fans dei tre; come proporre death metal dal taglio moderno ma che ha anche un sapore old school; una prestazione semplicemente devastante, fatelo vostro!